Mesut Özil, anarchia al potere

Una classe sopraffina, macchiata troppe volte da un carattere particolare

Probabilmente è uno dei più grandi “what if” della storia del calcio recente, ovvero uno di quei giocatori che non sono riusciti a mantenere le attese e spesso definiti “talenti sprecati”.
Mesut Özil, sebbene per anni sia stato un calciatore di alto livello, per molti rientra a malincuore in questa categoria.

Gli inizi

Turco-tedesco di terza generazione, Mesut nasce a Gelsenkirken nel 1988. Il padre, figlio di un lavoratore turco di Devrek, si è trasferito in Germania negli anni sessanta, tirando poi su famiglia.

Nel 2005, dopo le primissime esperienze nel Westfalia 04 Gelsenkirchen e Rot-Weiss Essen, passa nel settore giovanile dello Schalke 04: è la svolta per la sua carriera. Ci mette poco a scalare le categorie e a fare l’esordio in prima squadra, in DFB Pokal prima e nella tanto sognata Bundesliga poi.

Gioca due stagioni nel massimo campionato tedesco con il club della Ruhr, raccogliendo molte presenze nonostante la giovane età. Mostra abilità con entrambi i piedi, ma è col suo mancino mortifero che ammaglia.

Tra i tanti club interessati, è il Werder Brema a puntare forte su di lui, acquistandolo a titolo definitivo. Mai scelta fu più azzeccata.

Nel centrocampo ideato dal tecnico Thomas Schaaf si trova subito a suo agio e, nella sua seconda stagione, trascina il Werder al terzo posto in campionato.

Nazionale

Le sue prestazioni sono di un livello talmente alto per la media della Bundesliga che il commissario tecnico della Nazionale tedesca, Joachim Low, lo convoca per la Coppa del mondo 2010 in Sudafrica nonostante abbia solo poche presenze alle spalle: il suo sarà un campionato mondiale di pregevole fattura. Con la sua 8 bianca disegna filtranti e traiettorie che pochi possono permettersi, trascinando insieme alla nuova generazione voluta da Löw (Khedira, Muller, Kroos, Boateng) la Germania fino alla semifinale, persa 1-0 con i futuri campioni del mondo della Spagna. Quattro anni dopo, Özil e compagni avranno comunque l’opportunità di rifarsi, salendo sul tetto del mondo in Brasile dopo una cavalcata indimenticabile. Il 7-1 rifilato ai padroni di casa – ribattezzato “Mineirazo” – è già storia!

Il Real Madrid

Nell’agosto dello stesso anno, dopo un mondiale giocato a quei livelli, il Real Madrid decide di acquistarlo per 15 milioni di euro.

Vince una Copa del rey, una Liga e una Supercoppa Spagnola contro gli odiati rivai del Barcellona: ma non incide e convince mai del tutto.
Cristiano Ronaldo lo adora, soprattutto per la facilità con cui gli fornisce assist utili per i suoi record individuali, ma con José Mourinho non lega mai completamente.
Fuori dal campo non è esattamente un professionista esemplare, visto che spesso – riportano i giornali – affitta un jet privato per volare in altri paesi del mondo per le sue “scappatelle”.

L’Arsenal

Così il Real Madrid, ufficializzato l’arrivo di Gareth Bale per 100 milioni, decide di privarsi del suo trequartista, anche per fare cassa.

I gunners, infatti, investono ben 50 milioni di euro per Mesut, uno degli acquisti più onerosi sin lì nella storia del club.

In sette anni di permanenza nel club di Londra fa incetta di FA Cup, conquistando per quattro volte il trofeo della competizione più antica di Inghilterra. Ma nemmeno qui riesce a esprimere tutto il suo potenziale.

Il suo tallone d’Achille è sempre quel carattere particolare, un po’ indolente, che si scontra spesso con le esigenze degli allenatori a quei livelli.
Arsene Wenger, nella sua autobiografia, scrive di lui: “un artista che sente il calcio attraverso tutti i pori della sua pelle e della sua anima, ma che ha bisogno di essere costantemente incoraggiato, di sentire la fiducia del suo allenatore, di essere coccolato e supportato nel modo giusto, senza essere troppo duri con lui. Trasmetteva la sensazione di non dover e (soprattutto) di non voler migliorare.”

Nel mezzo un gol celestiale, contro il Ludogorets in Europa League, che resta una delle reti più belli dell’ultimo decennio. Una prodezza tecnica, che ridicolizza l’intera retroguardia bulgara. Una di quelle giocate in cui il trequartista fa sfoggio della sua classe sopraffina.

Nel frattempo, nel 2018 subisce l’imprevista eliminazione della Germania dal Mondiale. Özil diventa il capro espiatorio della débâcle dei campioni in carica. La sconfitta è talmente dolorosa che il trequartista annuncia il ritiro dalla Nazionale con cui ha accumulato 147 presenze impreziosite da 17 gol e la bellezza di 59 assist.

Dopo il doloroso addio di Wenger, Unai Emery viene scelto come suo successore. L’allenatore spagnolo tenta invano di mettere il numero dieci al centro della nuova guida tecnica, senza riuscirci.

Nel gennaio del 2021, poco dopo l’arrivo di Mikel Arteta, lascia l’Arsenal dopo 44 gol e 79 assist in 254 presenze.

La parantesi in Turchia

Passa al Fenerbahçe, ma anche qui, come in quasi tutti i club in cui ha giocato, ha problemi con l’allenatore. Nel marzo dello stesso anno, infatti, a causa di alcuni dissidi con il tecnico Ismail Kartal, viene messo fuori rosa. “Ho telefonato per informarmi sull’orario degli allenamenti. Mi è stato detto che non dovevo presentarmi, senza ulteriori spiegazioni”.  

Dopo avere risolto il suo contratto si trasferisce nell’İstanbul Başakşehir. Ma pure qui, dura poco. Nel febbraio del 2023, anche per il persistere di alcuni problemi alla schiena, decide di appendere gli scarpini al chiodo.

Uno dei più grandi talenti della nostra generazione, capace di regalare più di 250 assist in carriera.
Ai tifosi dispiace e non poco che la sua fiamma si sia spenta così presto.

Se solo avesse avuto l’ardore di diventare il più forte di tutti…

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