Arshavin, il declino di un fuoriclasse

La storia di un grande talento che per via del suo carattere ha stentato a decollare

“L’Arsenal per vincere deve comprare 4 o 5 giocatori come me”.

Già da questa frase, pronunciata negli anni in cui è stato legato proprio ai gunners, si intuisce parte del suo carattere. Andrej Sergeevič Aršavin era considerato tra i giocatori più promettenti d’Europa, ma il suo talento è stato oscurato dal suo modo di fare un po’ fuori dalle righe.

Le giovanili

La sua carriera comincia nelle giovanili della Lokomotiv Mosca, prima di seguire il consiglio del padre ed entrare nella Zenit Football Academy. Mai scelta fu più azzeccata. Nel club di San Pietroburgo, infatti, Andrej mostrerà nel tempo tutte le sue qualità.

Già da ragazzino, però, inizia a mostrare una certa insofferenza alle regole. Il suo carattere vivace, probabilmente, è condizionato da una serie di traumi infantili che si porta dietro.
Dopo essere scampato a un incidente stradale, perde improvvisamente il papà per un infarto: difficile per un ragazzo sensibile della sua età riuscire a superare momenti così.

Ma il ragazzo si fa forza anche grazie al pallone e, anche se mostra un certo interesse e bravura anche per gli scacchi, è innamorato del gioco del calcio e ne fa la sua ragione di vita.

La sua ottima tecnica, il baricentro basso, l’abilità di calciare con entrambi i piedi, unite alla sua duttilità, ne fanno da subito uno dei talenti più in voga in patria.

La consacrazione

Lo Zenit, nella stagione 2007/2008, guidato dall’allenatore Dick Advocaa e trascinata dal talento di Andrej, vince il campionato russo, riuscendo finalmente a porre fine all’egemonia dei club di Mosca.

Nell’annata seguente, i russi riescono persino ad imporsi in Europa.

Una volta raggiunta la fase a eliminazione diretta, lo Zenit elimina in serie Villarreal, Olympique Marsiglia e Bayer Leverkusen, giungendo fino alle semifinali della competizione dove dovrà affrontare un avversario sulla carta proibitivo: il Bayern Monaco di Ottmar Hitzfeld.

Ma dopo lo 0-0 del match di andata, gli uomini di Advocaat (senza lo squalificato Arshavin) si impongono incredibilmente per 4-0 in casa, guadagnandosi l’accesso alla finalissima.

Tra la storia e lo Zenit c’è ora di mezzo soltanto il Glasgow Rangers che, come i russi, non hanno mai disputato una finale di Coppa UEFA.
All’Old Trafford di Manchester, teatro della finalissima, lo Zenit vince 2-0 (gol di Denisov e Zyrjanov) e Arshavin viene premiato come MVP del match: è la sua consacrazione a livello continentale.

Nazionale

La sua storia con la nazionale inizia nel 2002, ma è agli Europei del 2008 che “esplode” una volta per tutte anche nella selezione russa.

La Russia di Hiddink sarà una delle rivelazioni del torneo e Arshavin una delle stelle più luminose.
Dopo aver saltato le prime due gare per squalifica, Andrej rientra nella terza e decisiva partita contro la Svezia, che viene vinta per 2-0 grazie anche ad un suo gol.

Ai quarti di finale, l’avversario di turno è l’Olanda di Marco Van Basten, sulla carta favorita rispetto ai russi.
Ma la Russiatrascinata dalle sue stelle Pavljucenko e Arshavin (autori di due dei tre gol finali) batte ai supplementari gli Oranje per 3-1, approntando alle semifinali.

Qui il sogno si infrange con la super Spagna di Aragonés, che supera la Russia con un secco 3-0. La medaglia di bronzo resta comunque un grande risultato e Arshavin, ormai stella riconosciuta della Nazionale, viene inserito nella Top11 del torneo, arrivando a fine anno anche ottavo nella classifica del Pallone d’Oro.

il suo rapporto con la Nazionale russa finisce con l’avvento di Fabio Capello, che dopo averlo convocato una prima volta, non lo prende più in considerazione.

Nel mezzo, una mancata qualificazione per il Mondiale di Sudafrica 2010, dove Arshavin viene schiacciato dal peso delle aspettative della gente dopo l’Europeo 2008 giocato a livelli altissimi:

“Se non rispettiamo le aspettative è un vostro problema” dirà senza giri di parole. Andrej è così, prendere o lasciare.

 

L’Arsenal

Dopo la fortunata kermésse giocatasi in Austria e Svizzera, il russo non poteva che ritrovarsi gli occhi dei grandi club europei addosso. Nel gennaio del 2009, quindi, lo Zenit non può che accontentare le richieste del giocatore, voglioso di cimentarsi con campionati più blasonati. Si trasferisce all’Arsenal per 20 milioni di euro: cifra record per il club del North London che, fino ad allora, non aveva mai investito tanto in un giocatore.

Bastano pochi mesi, però, per mostrare che sono soldi spesi bene. Il 21 aprile, infatti, mette a referto un fantastico e indimenticabile poker nel pirotecnico 4-4 contro il Liverpool.

“Andrej non ha paura di niente e di nessuno” ammetterà Arsene Wenger. Dichiarazione che dimostra la sua profonda stima nei confronti dell’esterno sovietico.
I primi due anni sono positivi: segna 6 gol in 15 partite, poi la stagione successiva 12 in 39, più diversi assist: memorabile la serata in cui ne serve 3 contro l’AZ in Champions League.

Nella sua terza stagione totalizza ben 52 presenze condite da 10 gol tra tutte le competizioni. I numeri parlano chiaro: Andrej è un giocatore importante per i gunners.

Tuttavia, al suo terzo anno in maglia biancorossa qualcosa si rompe con tecnico e ambiente. Così, nel gennaio 2012, torna a sorpresa in prestito allo Zenit.

Il ritorno in patria e il declino

Dopo il prestito di sei mesi rientra all’Arsenal per un’altra stagione, abbandonando definitivamente i Gunners al termine del contratto.

Firma un biennale con lo Zenit dove cerca di tornare ai suoi livelli. Inizialmente ci riesce, poi però, dopo l’addio di Luciano Spalletti, Villas-Boas diventa il nuovo allenatore della squadra. Il rapporto con il tecnico portoghese non decollerà mai, tanto che in campo lo si vede sempre meno.

Nell’estate del 2015 lo Zenit, dopo avere conquistato l’ennesimo scudetto di Russia, non gli rinnova il contratto: è la fine del suo rapporto con il club che lo ha reso grande.

 

Addio al calcio

 

Firma con il Krasnodar, ma a fare parlare di sé non sono più le prestazioni…

Una volta, dopo avere fatto mattina in un locale di San Pietroburgo, torna a casa ubriaco su di un… cavallo! Le immagini fanno il giro del web e il club non la prende bene, tanto che al termine della stagione gli dà il benservito.

L’anno seguente passa a titolo definitivo al Kairat in Kazhakistan ma, nel novembre del 2018, annuncia il ritiro dal calcio.

Un talento, che avrebbe potuto conquistare il tetto d’Europa, ma che si è perso tra i suoi limiti caratteriali.

Rimarrà sempre il rimpianto per quello che sarebbe potuto essere.

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