Jack Wilshere poteva essere

La carriera di un talento frenata da innumerevoli infortuni

È stato per un periodo una delle stelle della Nazionale inglese e uno tra i centrocampisti più promettenti del panorama calcistico europeo. Ma un po’ gli infortuni, un po’ la testa nel momento in cui doveva reagire, gli hanno precluso la possibilità di diventare un top.

“È stato difficile accettare che la mia carriera negli ultimi tempi sia scivolata via per motivi fuori del mio controllo, pur sapendo di avere ancora tanto da dare“.

Jack Wilshere “poteva essere”, purtroppo è andata diversamente.

L’esordio

È il novembre 2008 quando Arsene Wenger, durante i quarti di finale di Coppa di Lega contro il Wigan Athletic, getta nella mischia un ragazzino di 16 anni di cui si parla un gran bene. E il ragazzino ci mette pochi minuti a ricambiare la fiducia del tecnico francese, mandando in porta Jay Simpson per la rete del vantaggio. Non contento, venti minuti più tardi lancia Carlos Vela per il 2-0: a fine gara viene premiato “man of the match”.

I giornalisti, estasiati da così tanto talento, interrogano subito Wenger sulla possibilità di farlo coesistere eventualmente con Fabregas. Nell’intervista post-gara l’allenatore dell’Arsenal chiarisce:

“Cesc è più un passatore, mentre Wilshere è più un giocatore che ama cambiare direzione e cercare gli scambi”.

Risposta che volevano sentire: i due sì, per Wenger possono coesistere.


Jack ha la visione di gioco del ”numero 10”, ma grazie al suo dinamismo può ricoprire diversi ruoli del centrocampo.

Fa il suo primo gol in Premier League contro l’Aston Villa, nel novembre 2010: è l’inizio dell’ascesa del gioiello dell’Arsenal, che trova titolarità e continuità.

L’Inghilterra, dopo la disfatta di Sudafrica 2010, si affida al suo talento per ricostruire una nazionale competitiva.

I primi problemi 

Nella stagione 2011/2012 Wilshere subisce però il suo primo vero infortunio, alla caviglia, che ha bisogno di un’operazione chirurgica. La riabilitazione non va benissimo e tra tira e molla rimane praticamente un anno fermo ai box.

Al suo ritorno in campo, Jack non delude le attese dei tifosi, che attendevano con ansia il suo rientro, giocando una buona stagione impreziosita da due marcature e sette assist.

Pian piano, Wilshere ritrova forma e spazio nell’undici titolare di Arsene Wenger, concludendo l’annata 2013-14 con cinque gol e cinque assist.

Purtroppo, però, la caviglia gli volta nuovamente le spalle. Nel 2014-2015, infatti, subisce un nuovo grave infortunio che tiene lontano dai campi per altri sei mesi.
Una volta ristabilitosi, dopo pochi mesi riporta una frattura capillare del perone che lo costringe in infermeria per buona parte di stagione.

La sua integrità fisica inizia a preoccupare e Wilshere non è più lo stesso.

“A volte è difficile restare positivi, dopo tutti gli infortuni che hai, sono davvero frustranti”.

Il declino

Nell’estate del 2016 va in prestito al Bournemouth di Eddie Howe. Il calciatore, per la prima volta dopo 771 giorni, disputa una partita di novanta minuti. Gioca nel ruolo di mezzala e sembra ritrovare continuità. Tuttavia, ad aprile del 2017 si ferma nuovamente per un infortunio al perone.

Arsene Wenger dichiara: “La sua carriera è stata fermata da tanti infortuni. Ad alti livelli la cosa più importante è la costanza”. 

Rientrato dal prestito si allena con l’Arsenal e gioca per l’U-23 del club. Il giocatore è mentalmente abbattuto, e inizia a convivere con la sua fragilità: “Ho imparato ad ascoltare di più il mio corpo. Se sento che c’è qualcosa che non va mi fermo”.

Wilshere chiude rivestendo un ruolo marginale nell’Arsenal e, terminata la stagione, termina la sua esperienza con i Gunners.

Si trasferisce al West Ham United, ma anche qui, dopo un avvio positivo, si infortuna ancora alla caviglia. È costretto nuovamente ad operarsi e, di conseguenza, a saltare la restante parte di stagione.

I problemi fisici continuano ad essere troppi e di spazio negli hammers ne trova sempre meno. Decide così di trasferirsi per sei mesi di nuovo al Bournemouth, ma qualcosa di è spento in lui.

Al termine della stagione fa fatica a trovare una squadra che gli dia fiducia, così si ritrova a dover firmare per un club danese, l’Aarhus. Sarà il suo ultimo club.

L’addio

“Le parole non renderanno mai giustizia all’amore e la gratitudine che ho per il boss Arsène Wenger, Pat Rice e Boro Primorac. Senza la vostra fiducia, il vostro supporto e la vostra guida fin dal primo giorno che ci siamo incontrati non sarei stato in grado di entrare a far parte della famiglia dell’Arsenal”.
Queste le parole che userà per annunciare l’addio al calcio, dopo aver provato a rientrare nel giro allenandosi con il Como, club di Serie B, senza fortuna.

Un aspirante fuoriclasse che purtroppo sarà ricordato come un “poteva essere”.

 

 

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