
Nemanja Vidic è stato uno dei centrali migliori del primo decennio del ventunesimo secolo. Insieme a Rio Ferdinand, il serbo ha formato nel Manchester United una coppia difensiva invalicabile e una delle risorse più preziose della squadra di Sir Alex Ferguson.
Le prime esperienze
Cresciuto nel settore giovanile della Stella Rossa, a 19 anni viene mandato in prestito per fare esperienza allo Spartak Subotica, club sempre di Prva Liga, per poi far ritorno alla casa madre e giocare tre stagioni da protagonista.
Attira su di sé le attenzioni di tanti club europei, ma a spuntarla è lo Spartak Mosca, che per il giovane difensore sborsa quasi 5 milioni per portarlo in Russia.
L’ascesa
Nel 2006, il club russo trova un accordo economico con la Fiorentina. La viola è disposta a versare i sette milioni di euro previsti dalla clausola rescissoria e un ingaggio di 800mila euro al giocatore.
Tuttavia, nella trattativa subentra il Manchester United, che formula un’offerta più alta e uno stipendio più vantaggioso. Vidic non può che cedere alle lusinghe dei Red Devils.
Un accordo che avrebbe potuto costargli la partecipazione al Mondiale, dato che l’allora direttore sportivo della Fiorentina, Pantaleo Corvino, gli aveva fatto firmare un precontratto.
Fortuna per lui che resterà impunito per questa leggerezza, diventando così allo United uno dei centrali migliori nella storia della Premier League.
Nella sua esperienza inglese Nemanja totalizza 300 presenze, vincendo cinque Premier League, cinque Community Shield, tre Coppe di Lega, un Mondiale per Club e una Champions League nel 2007/08.
Il declino
Dopo nove stagioni, nell’estate del 2014 Vidic lascia lo United, passando a parametro zero all’Inter di Walter Mazzarri. A 33 anni, il serbo è entusiasta di cominciare questa nuova esperienza e, nell’intervista di presentazione, dichiara:
“Sono arrivato in un club dalla grande tradizione, che ha fatto la storia vincendo trofei importanti come la Champions e tanti campionati. Ha un palmares che non tutti possono vantare. A convincermi è stato il progetto che ho fatto subito mio”.
Il suo adattamento però è difficoltoso, in quanto il calciatore non ha mai giocato nella difesa a tre. Nella partita di esordio contro il Torino di Gian Piero Ventura commette un fallo da rigore. Nella ripresa applaude l’arbitro Doveri, il quale fraintende la buona fede del serbo e lo espelle.
Il numero tredici non ha un buon impatto in Serie A, eppure le cose potrebbero cambiare. A novembre dello stesso anno, dopo l’esonero di Mazzarri, viene chiamato in sostituzione Roberto Mancini. I due sono i volti delle fazioni di Manchester, l’allenatore quella dei Citizens e il calciatore quella dei Red Devils.
L’inter torna a giocare a quattro, ma Vidic viene relegato in panchina. Nondimeno, dopo mesi di attesa il serbo ha finalmente la sua occasione. Nella ripresa dei sedicesimi di andata di Europa League contro il Celtic Ranocchia si fa male ed è costretto a lasciare il campo.
Mancini richiama l’attenzione del numero tredici dicendogli di accelerare il riscaldamento per entrare in campo. Ma per il tecnico jesino il centrale si sta preparando con troppa calma e, arrabbiato con l’atteggiamento del giocatore, gli fa cenno di rimanere in panchina.
Lo strappo sembra insanabile e Vidic dovrà attendere il termine della stagione per potere essere schierato in campo dall’allenatore.
L’addio
Come se non bastasse nell’agosto del 2015 subisce un intervento di rimozione di un’ernia alla schiena. I tempi di recupero sono lunghi, soprattutto per un giocatore della sua età. Per questo motivo, l’Inter decide di non inserirlo nella lista Serie A.
A gennaio Vidic rilascia un’intervista esclusiva a Inter Channel, nella quale parla della sua riabilitazione e del rientro in campo:
“Questi sei mesi di lavoro non sono stati facili, soprattutto sotto l’aspetto mentale. L’operazione non è stata facile da affrontare, ma ora spero di potermi definire un nuovo acquisto”.
Tuttavia, a fine mese, dopo avere rescisso il suo contratto con i nerazzurri, a grande sorpresa annuncia il ritiro:
“È giunto il momento di appendere gli scarpini al chiodo. Negli ultimi anni ho subìto troppi infortuni che non mi permettono di continuare”.
Sarebbe stato bello vederlo dominare anche in Serie A così come fatto in Premier League, ma infortuni e incomprensioni hanno reso il suo finale di carriera amaro. Un epilogo sfortunato per uno dei centrali più forti degli ultimi vent’anni.