Enzo Francescoli, El Principe de Montevideo

 

Siamo a fine anno ottanta e un giorno, un ragazzino marsigliese appena diciottenne decide di presentarsi al suo idolo Enzo Francescoli per chiedergli la sua maglia.

“Bonsoir monsieur, je m’ appelle Zinedine…”.

Sì, il ragazzino di nome fa Zinedine, di cognome Zidane, e si sta affacciando al calcio come uno dei più promettenti talenti francesi.
Il giovane Zizou, che gioca nel Cannes, quando può va al Vélodrome ad ammirare le giocate del mito uruguaiano. Stravede così tanto per lui da arrivare persino a chiamare “Enzo” suo figlio qualche anno dopo.

Ma Francescoli non è solo l’idolo di Zidane, è molto di più: nel River Plate una leggenda, in Uruguay una divinità.

Con i Millionarios si laurea capocannoniere al suo primo anno con 24 gol in 32 presenze. L’anno dopo si ripete con 25 reti: basta poco perché scoppi la Francescoli-Mania da quelle parti, le sue giocate poetiche e i suoi gol sono delizia per gli “aficionados”.
Ma quando sembra pronto al grande calcio europeo ecco la scelta bizzarra: si trasferisce sì nel vecchio continente, ma al RC Paris, una modesta squadra francese, tra lo stupore generale.
Ci passa addirittura tre anni, prima di andare al Marsiglia dove vi rimane solo un anno, vincendo però il campionato.

Serie A

La chiamata dal “vecchio stivale”, arriva nella stagione seguente: a chiamarlo è il Cagliari.

Sotto la guida di mister Claudio Ranieri prima e Carletto Mazzone poi, la sua posizione in campo arretra sempre più, anche se le sue giocate rimangono sempre sopraffine. Il talento e l’esperienza del centrocampista uruguagio risulteranno decisivi per il raggiungimento della storica qualificazione alla Coppa Uefa dei Sardi. La Sardegna sembra adottarlo, Cagliari è pazza di lui.

Torino poi il ritorno a casa

 

Dopo tre stagioni sull’isola, però, il Principe inizia a pensare di tornare lì dove è diventato grande: la nostalgia di “casa” si fa sentire.
Così, dopo una breve parentesi torinese, sponda granata, ecco il suo tanto atteso ritorno a Buenos Aires con il River Plate: e una volta lì, nel vederlo in rojiblanco il tempo è sembrato veramente non passare mai.
Vince ancora un campionato ma soprattutto una storica Copa Libertadores da protagonista (insieme a una generazione d’oro fatta di gente come Hernán Crespo, Ariel Ortega, Marcelo Salas, Matías Almyeda e Juan Pablo Sorin), entrando definitivamente nella storia del club.

Uruguay

 

Con la “celeste” gioca 73 partite in quindici lunghi anni, segnando 17 gol e vincendo ben tre edizioni della Copa America.
Partecipa anche a due campionati del mondo – México 1986 e Italia 1990 – riuscendo a ridar lustro ad un calcio, quello uruguaiano, intristito  da decenni di anonimato.

Federico Buffa di lui ha detto: “l’unico vero Principe del Río de la Plata. Se ne chiamano un altro ‘Principe’ per forte che sia, lo si deve al fatto che o gli assomiglia fisicamente o si è ispirato a lui. Perché di Principe ce n’è uno solo…”.

Forse tifosi interisti e fan di Diego Milito non saranno d’accordo, ma Enzo Francescoli Uriarte, è indubbiamente il primo vero Principe da quelle parti. Uno di quelli che entrano senza storie nella leggenda del calcio.

 

Luigi Potacqui
Ho creato Romanzo Calcistico. Ho scritto per Sonzogno "La magia del numero 10", perché il 10 è davvero un numero magico. Poi, non contento, ho scritto “Settimo Cielo”, il romanzo dei numeri 7. Perché nel vedere giocare Garrincha, Meroni o George Best, per arrivare fino ai giorni nostri con CR7, non puoi che sentirti in paradiso.
https://www.romanzocalcistico.com

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