Ce ne sono stati pochi come Iker Casillas

Hai sedici anni, sei un adolescente come tanti seduto al tuo banco di scuola, e l’unica cosa che ti frulla per la testa è il sapore del panino che stai per addentare durante la ricreazione.

Poi, all’improvviso, arriva una telefonata.

Una di quelle che non ti aspetti, che spazza via la normalità e ti catapulta dritto in un sogno ad occhi aperti. È il 25 novembre del 1997, un giorno che ha cambiato tutto.

Stavo facendo l’ora di disegno” racconterà, con quel misto di incredulità e gioia che ancora traspare ricordando quel giorno. “Era un periodo un po’ così per il Real Madrid in campionato, navigava intorno al quarto posto con qualche risultato altalenante, anche se in Champions League le cose andavano meglio. Avevano una trasferta cruciale in Norvegia, contro il Rosenborg”.

Un sogno ad occhi aperti

In quel Real Madrid, allenato da Jupp Heynckes, la porta era solitamente difesa da Bodo Illgner o Santiago Cañizares. Ma il tedesco si farà male alla rifinitura e, con il terzo portiere Pedro Contreras già fuori uso, la scelta ricade sul ragazzino promettente delle giovanili: Iker Casillas. “A un certo punto” – continua – “entra in classe il preside. Sapevano tutti che giocavo nelle giovanili del Real e lui, da buon tifoso, mi parlava spesso della squadra, proprio come facevo io con i miei amici. Mi dice: ‘Iker, ti dispiacerebbe uscire un attimo?’…”, così feci”.

Una volta fuori, la notizia che ti svolta la vita.

Faresti meglio a prendere un taxi e correre all’aeroporto di Barajas. Il Real ha appena telefonato a tua madre: devi sbrigarti, ti aspettano per andare in Norvegia…’. Vi assicuro, in quel momento mi sono sentito come se avessi vinto alla lotteria!”

La trasformazione è stata istantanea, quasi surreale. “Avevo solo 16 anni. Sono volato a casa, mi sono cambiato al volo, ho preso quel taxi e all’aeroporto mi sono ritrovato catapultato in mezzo a tutte le stelle del Real Madrid, quei campioni che vedevo solo in televisione. Una cosa che a quell’età pensi sia semplicemente impossibile. In poche ore sono passato dall’essere in classe, seduto accanto al mio compagno Julio, all’essere seduto allo stesso tavolo con gente come Morientes, Seedorf, Hierro, Mijatović, Šuker, Raúl… Un vero sogno”.

L’inizio di una carriera leggendaria

Anche se in quella trasferta a Trondheim non è sceso in cambia (il Real ha poi perso 2-0), quella convocazione è stata il suo primo, vero assaggio del calcio dei grandi.

Da lì a poco, la “meravigliosa storia” di Iker Casillas prende il volo. Inizia con la squadra C, poi viene promosso in quella B, fino a conquistarsi definitivamente la prima squadra a 18 anni. Per quasi due decenni, sarà il guardiano indiscusso della porta del Real Madrid e della nazionale spagnola, meritandosi con pieno diritto l’appellativo di “San Iker” per le sue parate miracolose e spesso decisive.

I numeri della sua carriera parlano da soli e testimoniano una longevità e una costanza di rendimento fuori dal comune.

Primo portiere nella storia a raggiungere le 100 partite internazionali senza subire gol, con i blancos, ha collezionato la cifra record di 725 presenze, diventando una leggenda vivente del club.

Per anni è stato il primatista di presenze in Champions League, con ben 177 apparizioni (un record poi superato), sollevando il trofeo dalle grandi orecchie per ben tre volte (nel 2000, nel 2002 – con una sua prestazione eroica da subentrato nella finale di Glasgow contro il Bayer Leverkusen – e nel 2014).
Con la maglia della Spagna, invece, ha raggiunto le 167 presenze (record) guidando da capitano la generazione d’oro che ha conquistato due Campionati Europei consecutivi (2008 e 2012) e la storica Coppa del Mondo del 2010 in Sudafrica. Proprio in quella finale contro l’Olanda, il suo intervento prodigioso a tu per tu con Arjen Robben è entrato di diritto nell’iconografia del calcio.

25 trofei

La sua bacheca personale è un vero tesoro, che conta, oltre ai già citati trionfi internazionali, altri 19 trofei. Cinque titoli della Liga spagnola, due Coppe del Re, quattro Supercoppe di Spagna, due Supercoppe Europee, due Coppe Intercontinentali/Mondiali per Club, e poi ancora due campionati portoghesi, una coppa di Portogallo e una supercoppa portoghese…

In totale fanno 25 trofei tra club e nazionale: un bottino di cui possono vantarsi in pochissimi.

Ma Iker Casillas non è stato solo record e parate.

Ciò che lo ha reso veramente “speciale” è stata la sua sportività, la sua profonda umanità dentro e fuori dal campo.

Chi può dimenticare la sua richiesta di rispetto per l’Italia, sommersa 4-0 dalla sua Spagna nella finale dell’Europeo 2012?

Con la partita ormai chiusa, si è rivolto all’arbitro e al guardalinee chiedendo di fischiare la fine, un gesto di enorme signorilità verso un avversario sconfitto. O ancora, nel 2014, dopo la tesissima finale di Champions League vinta contro i cugini dell’Atlético: mentre i suoi compagni esplodevano di gioia, il suo primo pensiero è stato quello di andare a consolare un Fernando Torres in lacrime. Gesti non da tutti.

La sua carriera, conclusa al Porto dopo l’addio al Real Madrid, è stata segnata anche da un grande spavento. Durante un allenamento nel 2019, Iker accusò un infarto dal quale si è poi fortunatamente ripreso, grazie anche a quell’incredibile forza d’animo che lo ha sempre contraddistinto.

Perché Iker Casillas è stato questo e molto altro. Un leader forte ma silenzioso, di quelli che guidavano con l’esempio, mai con la voce troppo alta. Un faro di lealtà per i compagni e di impeccabile sportività per gli avversari…

Una vera e propria leggenda di questo sport.

Luigi Potacqui
Ho creato Romanzo Calcistico. Ho scritto per Sonzogno "La magia del numero 10", perché il 10 è davvero un numero magico. Poi, non contento, ho scritto “Settimo Cielo”, il romanzo dei numeri 7. Perché nel vedere giocare Garrincha, Meroni o George Best, per arrivare fino ai giorni nostri con CR7, non puoi che sentirti in paradiso.
https://www.romanzocalcistico.com

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