
31 Maggio 2025, Monaco di Baviera. Sono più o meno le 23 e sul prato verde dell’Allianz Arena un ragazzo danza con la coppa dalle grandi orecchie tra le mani. Lo fa con gli occhi lucidi, che riflettono un percorso tortuoso, altalenante, imprevedibile. Proprio come lui in campo.
Quel ragazzo di nome fa Ousmane, di cognome Dembélé, e la Champions League appena conquistata con il suo Paris Saint-Germain non è solo un trofeo, non è solo la prima della sua carriera e della storia del club parigino: è il sigillo su una delle parabole più tormentate ma allo stesso tempo affascinanti del calcio moderno.
Probabilmente un cerchio che si chiude, per uno considerato tra i più grandi talenti francesi in adolescenza.
Ma per capire la portata di questa storia, bisogna riavvolgere il nastro e tornare a quando il nome “Ousmane Dembélé” era sinonimo di promessa.
Enfant prodige
Un enfant prodige sbocciato in Francia, al Rennes, con la sfrontatezza di chi sa di avere talento e doti atletiche smisurate, capace di andare palla al piede alla velocità della luce.
A 18 anni segna 12 gol in 29 presenze, ma soprattutto dà la sensazione di avere infiniti margini di miglioramento. E come spesso accade in questi casi, è il Borussia Dortmund (club esperto in acquisti di questo tipo) a piombare su di lui: un club su misura per un giovane che vuole spaccare il mondo. Sotto al muro giallonero gioca solo un anno, pieno però di dribbling ubriacanti e sgasate palla al piede che sembrano mostrare al mondo un potenziale fuoriclasse.
Tant’è che il Barcellona punta forte su di lui. È l’estate del 2017 e Ousmane ha appena compiuto 20 anni quando il club catalano sborsa una cifra monstre (105 milioni più 40 di bonus) per colmare il vuoto lasciato da Neymar, passato al PSG. Le aspettative su di lui non possono che essere altissime. E, forse, sono state proprio quelle a schiacciarlo.
La famosa presentazione
La presentazione al Camp Nou diventa, suo malgrado, un meme doloroso: lui, mister 100 e passa milioni, che inciampa goffamente nei palleggi di rito davanti a migliaia di tifosi blaugrana. Sembra un presagio.
Inizia subito un calvario fatto di infortuni muscolari a catena, di ricadute che ne minano il fisico e, ancor di più, il morale. Quel talento purissimo sembra una farfalla con le ali di cristallo. E il suo tenore di vita al di fuori del campo non lo aiuta di certo. Non è che faccia poi chissà cosa eh, come per esempio le tipiche serate in discoteca, tra alcool e festini, che a molti calciatori milionari vengono scoperte. Niente di tutto questo. Semplicemente Ousmane pare ami fare le nottate giocando alla Play station con gli amici, mangiare dai fast food e dormire fino a tardi, tanto da non presentarsi puntuale spesso agli allenamenti mattutini. Non proprio la vita dell’atleta professionista insomma.
Alti e bassi continui, l’etichetta di “bidone strapagato” e “calciatore infantile”, il peso di una maglia gloriosa che sembra soffocarlo… Il buio.
L’arrivo di Xavi
Poi, un piccolo raggio di luce. L’arrivo di Xavi Hernández sulla panchina blaugrana cambia le prospettive. Un uomo che di talento se ne intende, che probabilmente ha visto in quegli occhi tristi la scintilla mai sopita. Xavi crede in lui, lo protegge, gli da fiducia quando in pochi sono disposti a scommettere ancora un centesimo su di lui. E Ousmane, quasi per un sussulto d’orgoglio, inizia a rispondere. Le giocate tornano, i numeri pian piano crescono, le prestazioni si fanno più continue. Non è ancora il giocatore che tutti si aspettano, ma si intravede di nuovo la luce in fondo al tunnel. Un recupero che ha il sapore di una piccola, personale vittoria contro i fantasmi del passato.
Nuova vita francese
Nell’estate del 2023, però, capisce che deve cambiare aria per rilanciarsi una volta per tutte. Arriva la chiamata del Paris Saint-Germain di Campos e Luís Enrique, due suoi grandi estimatori. Un trasferimento voluto, cercato da entrambe le parti. Non una scommessa da rilanciare, però, ma una scelta ben precisa: Ousmane al centro del progetto parigino.
Agli ordini del tecnico asturiano, Dembélé trova la sua dimensione. Meno infortuni, più continuità, una maturità nuova, in campo e fuori. La trasformazione è graduale, ma costante, sotto gli occhi di un pubblico che impara subito ad amarlo.
La consapevolezza di essere finalmente il giocatore che tutti sognavano potesse essere ha preso via via sempre più forma. Fino a questa stagione… 33 gol, un’infinità di assist e giocate sublimi: per la prima volta in carriera, a 28 anni Ousmane Dembélé ha avuto un rendimento all’altezza di ciò che ci si è sempre atteso da lui.
E poi quella coppa, dopo anni di cadute, critiche, dubbi… Sì, possiamo chiamarla dolce rivincita.
Oggi, chi guarda Ousmane Dembélé, vede le cicatrici di un percorso tortuoso, che hanno reso ancora più emozionante la sua rinascita. Perché la sua è la storia di chi si è smarrito ma ha saputo comunque riscriverne una nuova, cosa tutt’altro che scontata.
Questa è la storia di Masour Ousmane Dembélé: da enfant prodige a presunto flop strapagato, fino al tetto d’Europa e, chissà, verso un Pallone d’Oro che, in questo momento, sarebbe indubbiamente meritato.