Mario Corso è stato poesia

Mario Corso

E’ stato uno di quei giocatori che ha fatto sognare, uno di quelli capaci di emozionare con un dribbling, una giocata, una pennellata.

 

Mario Corso è stato il calcio anni sessanta, è stato l’Inter degli anni sessanta, è stato poesia da scrivere per poi tramandarla.

 

“Corso era il più diverso: vocina chioccia, occhi di chi s’è appena alzato dal letto, numero 11 sulla schiena ma non era un’ala sinistra, anzi spesso giocava sulla destra per avere più porta davanti con l’unico piede buono, il sinistro.

«Meglio uno buono che due scarsi».

Centrocampista non era di sicuro, punta nemmeno. Oggi lo chiameremmo trequartista. Difficile trovare chi gli somigli. In parte Giggs. Non aveva un ruolo definito ma valeva il prezzo del biglietto. Era un 10 targato da 11. Coi giornalisti parlava pochissimo, in spogliatoio molto, e stava terribilmente sulle scatole al Mago [Helenio Herrera].

Che ogni anno lo metteva in testa all’elenco di quelli da cedere e ogni anno Angelo Moratti gli diceva che non era il caso.

E bisogna essere grati a Corso, perché la foglia morta sopravvive ancora in un mucchio di cannonate, siluri, missili, fucilate.

È una presenza gentile e lieve, va dove la porta il vento così come Corso andava dove lo portava l’estro. Insofferente agli schemi, anarchico, imprevedibile, lunatico, geniale, per noi Mario Corso era la libertà, ma non lo sapevamo.”

 

Scriverà di lui il grande Gianni Mura.

Qualche volta nella mia divertente carriera di calciatore dilettante tra serie D ed Eccellenza, mi riusciva di segnare su punizione.

Non avendo un tiro potente, dovevo usare altri strumenti. E così, di sinistro, proprio come lui, provavo il tiro a giro.

Quando avevo la fortuna di segnare, in tanti dopo la partita o il giorno seguente venivano a congratularsi e molti, anche per prendermi un po’ in giro, mi dicevano. “Vai con la foglia morta!”. “Come hai una foglia morta eh!”.

Molti di loro non sapevano nemmeno che quell’epiteto era stato inventato per lui. Nemmeno io fino a quando non mi ci sono imbattuto.

 

Mariolino Corso, il sinistro di Dio, il re di quelle parabole meravigliose. La foglia morta.
Quando un uomo rimane nella storia… per sempre.

CI ha lasciati pochi mesi fa, probabilmente alla partenza portava i calzettoni abbassati, alla ricerca di nuove porte da trafiggere con i suoi “arcobaleni” precisi, mortiferi… leggendari.

Buon viaggio Mariolino

Luigi Potacqui
Ho creato Romanzo Calcistico. Ho scritto per Sonzogno "La magia del numero 10", perché il 10 è davvero un numero magico. Poi, non contento, ho scritto “Settimo Cielo”, il romanzo dei numeri 7. Perché nel vedere giocare Garrincha, Meroni o George Best, per arrivare fino ai giorni nostri con CR7, non puoi che sentirti in paradiso.
https://www.romanzocalcistico.com

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