Sabato ha trascinato i Citizens ad Anfield, ammaliando con una doppietta e lanciando, insieme ai suoi compagni, un chiaro messaggio a tutte le avversarie: quest’anno la Premier League ha tutte le intenzioni di vestirsi di azzurro.
İlkay Gündoğan è probabilmente il classico giocatore che ogni allenatore vorrebbe in squadra, in grado di ricoprire praticamente tutti i ruoli in mezzo al campo. Un giocatore tuttofare, un talento plasmato nientemeno che dai due padri del calcio moderno.
Sì, perché il ragazzo di origine turca, sia alla corte di Jurgen Klopp a Dortmund che in quella di Pep Guardiola al City, ha dimostrato di saper assimilare e sapersi migliorare. Maturando, arrivando al punto di meritarsi l’appellativo di “calciatore totale”. Visione di gioco, fantasia, capacità di inserimento e un incredibile fiuto del gol. Caratteristiche importanti, rare da vedere in un singolo giocatore nella loro totalità: introvabili, se abbinate ad una forte personalità.
Carattere
Per capirne lo spessore, occorre tornare indietro nel tempo, rivivendo le sue prime apparizioni in Bundesliga e il suo primo centro con la maglia del Norimberga. L’avversario? Il Bayern Monaco, non proprio un club qualunque da quelle parti. Il gol? Decisivo per strappare il pareggio ai bavaresi. Personalità da vendere, forgiatasi probabilmente durante la sua infanzia, passata nelle strade e nei cortili a giocare con tanti ragazzi più grandi di lui.
‹‹Il nostro cortile divenne un punto di incontro regolare per tutti i bambini del quartiere, perché avevamo il garage che potevamo usare come porta, giocavo tutto il tempo con mio fratello. Ho sempre giocato con ragazzi più grandi di me, questo mi ha permesso di crescere››.
İlkay Gündoğan – Life Bogger
Ilkay giocava giorno e notte, portando il suo migliore amico pallone ovunque, condividendolo con il suo quartiere. Quello che vedeva ospitare famiglie emigrate come la sua, mostrando le diverse sfumature di una grande varietà di culture. Lo volevano sempre tutti, sempre in squadra con loro per stupire e inventare magie, per vincere. Nonostante l’età, nonostante fosse sempre il più piccolo. Forse è per questo che non conosce la parola pressione, forse è per questo che nel 2011 il Borussia Dortmund lo ha acquistato senza tanti fronzoli dal Norimberga.
Quando il gioco si fa duro, i duri iniziano a giocare
Tremendamente difficile, riuscire a rialzarsi dopo essere caduti dal punto più alto, da quella vetta ambita dall’intera Europa, a un passo dal toccare l’eterno, a un passo dalla Coppa dalle grandi orecchie: la Champions League. Nel 2013 Ilkay e il BVB c’era andato veramente vicino, in uno scontro tutto tedesco in finale contro il Bayern Monaco. Riuscì addirittura a segnare il gol del pareggio, al minuto 68’, su calcio di rigore, mettendosi sulle spalle il destino di un’intera squadra, spiazzando Manuel Neuer e mandando in visibilio il popolo giallonero.
Nonostante ciò, al minuto 89’, Arjen Robben distrusse i suoi sogni e quelli del muro giallo, condannandoli ad un poco consolatorio secondo posto.
Ambizione
Dopo cinque stagioni e un titolo di campione di Germania, il suo passaggio al Manchester City, datato luglio 2016. Agli ordini di Pep Guardiola si ritaglia subito un ruolo fondamentale, convincendo ambiente e addetti al lavoro. Prestazioni e gol di qualità, su tutte la fantastica doppietta al Barcellona in Champions League. Ma a limitarlo in questi anni sono i ripetuti infortuni con cui dovrà convivere.
Dopo appena sei mesi dal suo arrivo, subisce un grave infortunio al ginocchio destro che lo terrà fuori per tutta l’annata, proprio nel suo miglior momento di forma. Rientrerà la stagione seguente, a rilento, per poi raggiungere pian piano di nuovo i suoi livelli. Stagioni di alti e bassi, di momenti ottimi e periodi di flessione.
Ma quest’anno sta stupendo davvero tutti, grazie alla continuità di prestazioni e soprattutto ai 9 gol realizzati in tutte le competizioni. Gol che potevano essere 10, se non fosse per l’errore dal dischetto (ininfluente ai fini del risultato) di sabato ad Anfield contro il Liverpool.
İlkay vuole quindi sognare. Rivivere quegli istanti che l’avevano condotto a centimetri da quella meravigliosa coppa, quelle sensazioni uniche che solo una cavalcata europea può riuscire a sprigionare, quell’euforia che contraddistingue la competizione più importante d’Europa: la Champions League.
Il 2021 potrebbe essere l’anno della consacrazione.
Suo e del Manchester City.