Il numero dieci argentino sta dando l’ennesima prova del suo talento, i suoi numeri sono impressionanti.
Ci sono attimi in grado di stravolgere vite, figure capaci di scolpire l’animo, il destino stesso di una persona. Rodrigo Javier De Paul lo sa bene, e lo “scultore” del suo cuore ha deciso di tatuarselo sulla pelle, per portarselo sempre con sé. Il suo nome è Osvaldo, il suo spirito è eterno, come recita lo stesso tatuaggio del capitano friulano: “Para siempre en mi corazon”, “sempre nel cuore”, da quella tragica scomparsa.
È il 4 marzo 2009: Rodrigo ha solo 14 anni quando vede cambiare la sua vita. Il suo punto di riferimento, il suo eroe, quello che nell’albero genealogico era “solo” un nonno, ma nella quotidianità un padre, un amico, un idolo, viene a mancare tragicamente.
“Mio nonno Osvaldo è stato come un padre – dirà in un’intervista al Corriere dello sport – purtroppo non mi ha visto giocare in prima squadra perché se ne è andato quando avevo 14 anni. Ma è sempre con me. Sono diventato un calciatore grazie a lui: mio padre, con cui adesso ho recuperato un buon rapporto, in quegli anni non c’era. Sono cresciuto con mio nonno a Sarandí. Mi accompagnava agli allenamenti, andavamo in autobus e poi lui si faceva 5 km a piedi per tornare a casa. È stato grande. Quando è scomparso per me è stata durissima e da quel momento in poi nella testa avevo un chiodo fisso: diventare un calciatore professionista per lui, e per la mia famiglia.” Quando a spingerti è una motivazione così forte, e se a questa si aggiunge un talento cristallino come il suo, il futuro non può che essere roseo…
Racing Avellaneda
A credere per primo nel suo talento è il Racing Club de Avellaneda, uno dei club più importanti d’Argentina, che l’accoglie nelle giovanili quando il ragazzo ha appena otto anni. È il primo capitolo della sua carriera (tralasciando la parentesi del Futsal), la prima tappa di un viaggio che nel giro di dieci anni l’avrebbe portato a raggiungere il suo sogno: esordire nella Primera Divisiòn Argentina.
A dargli da subito fiducia è il tecnico Zubeldia, che lo aggrega in prima squadra appena maggiorenne, inserendolo con continuità nei mesi successivi. Dopo esser entrato per la prima volta nel finale di partita contro il Rafaela (sostituendo il campione del mondo Mauro Camoranesi in una delle sue ultime partite in carriera), Rodrigo accumula minuti e si guadagna presto la stima dei tifosi, mettendo a segno il primo gol tra i professionisti dopo appena quattro apparizioni con la maglia dell’Academia. E che gol…. (vi consiglio di andare a vederlo).
I telecronisti argentini, dinanzi alle sue giocate, iniziano a chiamarlo “El elegante De Paul”, i tifosi e lo stesso club cominciano a riconoscergli il talento. La voce, si sa, in questi casi da quelle parti si sparge velocemente, di conseguenza anche le qualità del trequartista albiceleste non passano inosservate ai tanti talent scout europei che setacciano continuamente le zone del Rio de la Plata in cerca di futuri campioni. Così, dopo due stagioni ne La Academia Racing, è il Valencia di Nuno Espirito Santo (attuale tecnico del Wolverhampton) a farsi avanti e a pagare il suo cartellino ben 6,5 milioni di Euro. Il fascino de La Liga e del vecchio continente non ci mettono molto ovviamente a convincere il giovane Rodrigo a salutare tutti e a prendere il primo aereo per la Spagna.
Le prime difficoltà
In terra valenciana le aspettative sul suo conto sono tante, tutti sognano di veder emergere tutto quel talento messo in mostra in Argentina. È un profilo promettente, tutti lo riconoscono, ma il salto in Europa, si sa, non è mai una passeggiata. E se il buongiorno si vede dal mattino, l’avventura di Rodrigo sicuramente non parte nel migliore dei modi.
Nella prima giornata di campionato contro il Siviglia l’argentino parte dalla panchina, sperando di entrare a gara in corso e di sfruttare al meglio l’eventuale occasione concessagli dall’allenatore. Purtroppo le cose non andranno come sperato.
Al minuto 66 la lavagnetta digitale del quarto uomo segna in verde il numero 20: è il suo momento. Il Valencia è sotto di 1-0, occorre una scintilla per cercare di pareggiare la gara e Rodrigo sembra avere la voglia di chi è pronto a spaccare il mondo. La voglia però è forse troppa, perché passano solo due minuti prima che si renda protagonista di un’ingenua gomitata ai danni di Aleix Vidal. Per il direttore di gara non ci sono dubbi, è cartellino rosso.
Risultato? Quattro giornate di squalifica e tante, tantissime critiche nei suoi confronti. Con il passare dei mesi la situazione non migliora, De Paul non riesce a esprimersi come vorrebbe e settimana dopo settimana perde la fiducia di società e ambiente. Il Racing è pronto a riabbracciarlo in prestito, Rodrigo accetta e fa rientro in Argentina.
Dopo appena sei mesi però, c’è un nuovo club sulle sue tracce, pronto a dargli una nuova chance nel calcio europeo: l’Udinese.
Una nuova pagina
A Udine il ragazzo cresce sia a livello caratteriale, che calcistico. Il fallimento di Valencia è già alle spalle: conosce le sue potenzialità e vuole prendersi la sua rivincita. Se la prenderà, passo dopo passo, partita dopo partita.
Rodrigo infatti macina da subito presenze e prestazioni di grande livello, acquistando rapidamente fiducia, tranquillità e consapevolezza. Nonostante il recente passato, nonostante lo scetticismo iniziale, nonostante quel numero, il 10, che sulle spalle può diventare un macigno (soprattutto se indossato precedentemente da due leggende bianconere come Zico e Totò Di Natale).
E se dal centro sportivo friulano nei mesi passano fior di allenatori e giocatori, quello di De Paul rimane una certezza. Negli anni si guadagna anche la fascia da capitano, indossandola orgogliosamente e stabilmente al braccio dalla stagione in corso. E adesso i numeri parlano per lui: è l’unico centrocampista in Italia ad aver segnato almeno cinque gol e fornito almeno cinque assist in ciascuno degli ultimi tre campionati di Serie A. Come se non bastasse, si ritrova primo nella classifica relativa al numero totale di passaggi chiave in questa stagione nel nostro campionato (34), e il primo giocatore per dribbling riusciti (88).
I grandi club europei osservano, mentre lui ha già fatto sapere – con prestazioni e continuità – di essere pronto per il definitivo salto, di aver raggiunto la maturità necessaria. Anche perché sa che nelle difficoltà non sarà mai solo. A vegliare su di lui, ci sarà sempre una stella in cielo: nonno Osvaldo.