A volte ci si dimentica delle cose buone fatte con troppa superficialità
Una stagione (mezza dello scorso anno, mezza di quest’anno) sopra le righe e conseguente esaltazione di ambiente, tifosi, appassionati, media. Giusta, visto l’ottimo lavoro svolto nel 2020 da gennaio a dicembre e i tanti record raggiunti.
Poi la flessione. Anche comprensibile.
Dopo una corsa che definirei pazza e “miracolosa” analizzando i mesi precedenti al suddetto exploit, arrivano le prime sconfitte nell’anno nuovo.
Forti, pesanti come macigni, come quelle con l’Atalanta di Gasperini, contro la Juventus a San Siro, o con l’Inter nel doppio confronto di coppa Italia e poi in campionato.
Tutto d’un colpo il suo lavoro è ridimensionato. Tutto d’un tratto gli vengono rivolte critiche a iosa, come se tutto il buono fatto in precedenza non esistesse più, come se fosse svanito in un attimo.
Critiche assolutamente ingenerose viste le difficoltà affrontate, dovute soprattutto a quei tanti infortuni e defezioni in successione a cui una rosa, non esattamente completa per competere per lo scudetto come quella del Milan, ha dovuto far fronte.
E la vittoria dell’altra sera contro la Juventus a domicilio, che non accadeva da undici lunghi anni (aprile 2010) e che può valere una agognata qualificazione alla prossima Champions League, non può che essere tutta sua.
Non può che essere di mister Stefano Pioli, che con alcune mosse (in primis la carta dello spagnolo Brahim Diaz, migliore in campo), l’ha cercata, l’ha voluta…
Se l’è meritata.