Federico Bernardeschi e quella voglia matta di rivalsa

Federico Bernardeschi - foto profilo IG

L’esterno bianconero sotto la guida di Allegri sembra aver ritrovato lo smalto di qualche anno fa

Lavorare, rimboccarsi le maniche, e credere in se stessi. Per acquisire nuovamente le certezze perse, per trasformare i “taglienti” fischi in applausi di merito. A prescindere dalle pressioni, a prescindere dalle aspettative e dagli sforzi economici delle società.

Facile a dirsi, un po’ meno a realizzarsi.

L’altalena di prestazioni può essere in grado di fagocitare ogni sicurezza e Federico Bernardeschi lo sa bene: il suo, è l’esempio di un giocatore che ha saputo rialzarsi.

Con talento e dedizione, con “un’estate italiana” e il coraggio di ripartire.

Gli inizi

Cresce nel settore giovanile della Fiorentina, mostrando sin da subito il suo talento, e iniziando un lungo percorso nel vivaio, che nel 2013 l’avrebbe condotto a esordire tra i professionisti.

A malincuore per i più romantici, però, con un’altra maglia.

Nonostante le grandi potenzialità, infatti, il ragazzo di Carrara non viene ritenuto ancora pronto per la prima squadra. Quanto mostrato nella trafila sino alla Primavera, non basta alla dirigenza Viola per dargli l’opportunità tanto sognata. Ad attenderlo, ci sarebbe stato, infatti, un anno di gavetta in prestito in una società di Serie B: il Crotone.

Proprio con la maglia calabrese Federico macina le prime presenze tra i grandi, con personalità, carattere, e senza lesinare grandi giocate nella serie cadetta. I numeri parlano per lui: segna 12 gol in 38 partite, contribuendo alla storica qualificazione ai play-off per la serie A.

L’annata lontano da casa sembra aver portato quindi i suoi frutti, e al termine della stagione l’allenatore Vincenzo Montella è sicuro: Bernardeschi deve far ritorno a Firenze.

Il rientro

Tornato a vestire la maglia Viola nella stagione 2014-2015, Federico viene integrato alla prima squadra, ritrovandosi al centro del progetto tecnico. Il 14 settembre esordisce (all’età di 20 anni) in Serie A per la partita interna contro il Genoa, mentre solamente quattro giorni più tardi, segna il suo primo gol nella sfida di Europa League contro i francesi del Guingamp.

Con un gioiello da fuori area che sfiora il palo, con una rete che sarebbe presto diventata il suo marchio di fabbrica.

L’inizio è tra i più promettenti, ma nelle settimane successive arriva il duro colpo: frattura del malleolo, 6 mesi di stop. È una doccia fredda, una pausa che rischia di vanificare tutti gli sforzi effettuati sino a quel momento.

Fortunatamente, però, non sarà così.

Superato l’infortunio, infatti, Bernardeschi riprende da dove aveva iniziato: dai gol. Segna all’ultima giornata contro il Chievo, e continua la striscia positiva nelle stagioni successive: grazie all’arrivo del nuovo tecnico Paolo Sousa, e al tentativo della società di responsabilizzarlo affidandogli la maglia numero 10. Non una maglia qualunque da quelle parti. Una maglia piena di responsabilità e storia, visto che ad indossarla sono stati giocatori del calibro di Giancarlo Antognoni, Roberto Baggio, Manuel Rui Costa e Adrian Mutu.

Tutte le strade portano a una meravigliosa e indissolubile storia di amore tra Federico e la sua Fiorentina.

Purtroppo, però, questa favola avrà un finale inatteso.

Un addio che farà mormorare tutta la piazza, un trasferimento nella nemica storica, che spesso ha sottratto giocatori alla Viola: la Juventus.

L’arrivo a Torino

Dopo tre stagioni di gran livello nella Fiorentina, Bernardeschi passa a titolo definitivo alla Juventus per 40 milioni di euro. È un grande salto, un’opportunità da cogliere al volo per vincere. Ma non sempre, a differenza di quanto affermato dal motto bianconero, vincere si dimostra l’unica cosa che conta.

Sì, perché con la nuova maglia Federico fatica, mostrando solo a sprazzi le sue qualità, e deludendo in parte le alte aspettative dei tifosi nei suoi confronti. Come dimenticare gli euforici striscioni dei supporter bianconeri fuori dallo stadio, come dimenticare il desiderio di alcuni, di vedergli indossare al suo arrivo la maglia numero 10 del mostro sacro Alex Del Piero…

Nonostante le prestazioni altalenanti, però, il numero 33 non si arrende: lavora sodo, e si guadagna la fiducia di Massimiliano Allegri, disputando partite degne del suo talento.

Su tutte, ovviamente, l’iconica serata di Champions League contro l’Atletico Madrid.

Quello che si vedrà nella sua seconda stagione a Torino, infatti, è un Federico diverso: maturo, consapevole, ma soprattutto spesso decisivo. Oltre a un evidente cambiamento muscolare (che lo renderà più esplosivo e straripante), Bernardeschi sembra aver acquisito finalmente la mentalità bianconera.

Purtroppo, però, quanto visto di buono sotto l’ala di Allegri, svanirà pian piano con le guide tecniche di Maurizio Sarri e Andrea Pirlo…

 

Rinascita

Dopo aver continuato a lavorare sodo (complice la costante fiducia del commissario tecnico Roberto Mancini nei suoi confronti), oggi, Federico sembra esser tornato quantomeno un giocatore utile alla causa bianconera.

Le due reti decisive dagli undici metri agli Europei contro Spagna e Inghilterra, abbinate a prestazioni di grande qualità, infatti, sembrano aver accesso la miccia della rivalsa del talento classe ’94.

A dircelo sono le ultime apparizioni con la Juventus, a dircelo è l’intervista sfogo al termine della finale di Wembley.

Le motivazioni per tornare ai livelli che merita sono tante, e allora chissà se a 27 anni compiuti Bernardeschi riuscirà a far ricredere tutti.

Per ora, sembra aver imboccato la strada giusta.

 

Pietro Caneva
Mi sono occupato dell'intera stesura di "Domenica alle 15. Il calcio al tempo dei social" di Luca Diddi (ex Match Analyst dell'Hellas Verona e CEO di Calciatoriignoranti)

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