La tormentata storia del “tagliaerba” di Aarhus, tra tragedie familiari, calcio e momenti difficili
30 luglio 1983. È un sabato come un altro ad Aarhus, città della penisola dello Jutland, nel nord-est della Danimarca.
Aarhus è la città di Stig Tøfting, un ragazzino danese di appena 13 anni, promettente giovane del club locale dell’AGF Aarhus. Ed è proprio al termine di uno dei soliti allenamenti con la squadra – dove ha appena ricevuto la comunicazione della titolarità per la finale di coppa giovanile del giorno dopo – che, di ritorno a casa, fa una terribile scoperta che cambierà per sempre la sua vita.
La tragedia di Fredriks Alle
Stig, dopo una corsa in bici, è ormai giunto sotto casa, un appartamento al quarto piano sulla Fredriks Alle. Freme dalla voglia di riferire ai suoi genitori la splendida notizia ricevuta dal suo allenatore. Tra l’altro, dopo la partita, a premiare i piccoli campioni ci sarà nientemeno che l’allora C.T. della Danimarca, Sepp Piontek. Stig è al settimo cielo, come qualsiasi ragazzino della sua età che sogna di diventare un giorno un calciatore della nazionale del proprio paese.
Ma, arrivato di corsa sulla soglia del condominio, si accorge che qualcosa non va all’interno della sua abitazione.
C’è un irreale silenzio, rotto solo da strazianti guaiti del cane Lucky, che allarmano il ragazzo. Pensa inizialmente al ferimento del fedele animale, tant’è che, preoccupato, si precipita sulle scale per raggiungere il piano di casa nel modo più veloce possibile.
Quello che vede, però, quando apre la porta, è molto più terrificante.
In terra, sul pavimento, c’è suo padre con il fucile da caccia vicino, immerso in una pozza di sangue. Pochi metri più avanti, giace la madre senza vita. Paul Tøfting, all’epoca 41 anni, ha sparato a sua moglie Kirsten, prima di togliersi egli stesso la vita.
L’esistenza fin lì felice e serena di un ragazzino pieno di energia, sembra venir spazzata via tutto d’un tratto.
Stig è frastornato, corre subito dai nonni a cercare riparo e conforto, sperando che qualcuno lo svegli da quello che ha tutti i connotati di un terribile incubo.
Purtroppo non è così. Purtroppo è tutto vero.
La decisione
Ma nonostante l’atroce tragedia vissuta, Stig il giorno dopo prende una decisione forte, che spiazza in molti in città: sceglie di giocare comunque quella finale, così gli dice la testa.
Giocherà con una rabbia tale che nessun avversario riuscirà ad avere la meglio nei duelli, nessuno riuscirà a togliergli la palla dai piedi. Verrà premiato come miglior giocatore della partita e della rassegna: le sue lacrime durante la cerimonia sono laceranti.
Da lì in poi, la sua vita ruoterà unicamente intorno al calcio: è l’unica via d’uscita, l’unica che riuscirà a dargli la forza di andare avanti o quantomeno di cercare di assimilare il dramma. Anche se, drammi così, forse non si metabolizzano mai.
Al di fuori del calcio, però, la sua adolescenza sarà piena di problemi. Scazzottate, risse, furti: sembra quasi che Stig, a volte, cerchi qualsiasi cosa pur di sfuggire alla dura realtà.
Il “tagliaerba”
La sua carriera calcistica, che dividerà tra Aarhus, Odense, Amburgo, Duisburg, Bolton, Tianjin, Häcken, Randers e nazionale danese, sarà costellata invece da tackle, palloni recuperati, senso della posizione e una discreta qualità nel distribuire il gioco. Il suo soprannome è “tagliaerba”, perché dove passa lui con le sue dure scivolate, l’erba sembra accorciarsi. Un vero e proprio “randellatore”.
Con la Danimarca, in nove anni, totalizza 41 presenze e 2 gol, partecipando a due campionati europei (Inghilterra ’96 e Belgio e Olanda 2000), e a due campionati mondiali (Francia ’98 e Corea e Giappone 2002). Celebre ai più appassionati la coppia di “duri” che formava con il “gemello” Thomas Gravesen, anch’egli cuore vichingo, rasato in testa, e sempre molto deciso – per usare un eufemismo – in campo.
Tøfting, quindi, è stato un buon centrocampista di interdizione e carisma, con una buona carriera di club (soprattutto in Bundesliga) e di nazionale.
Etichetta
Purtroppo, però, in molti lo ricordano solo per le disgrazie familiari e i suoi conseguenti problemi con la legge e con se stesso.
Nella vita di tutti i giorni, anche da adulto Stig non riesce a contenere la sua rabbia, alimentata probabilmente anche dalla perdita del figlio appena nato per via di una meningite fulminante. Come se non bastasse tutto quello che aveva già passato…
Durante serate tra amici e cene con compagni di squadra, Stig perde più volte le staffe dopo qualche bicchiere e parola di troppo, accumulando multe, denunce e guadagnandosi l’etichetta di bad man.
Dopo una di queste nottate brave, in un locale di Copenaghen, Stig verrà arrestato. Una testata, sferrata al proprietario mentre lo invitava a tenere un comportamento più equilibrato, gli costerà quattro mesi di reclusione, che sconterà totalmente in carcere tra l’aprile e il luglio del 2003.
La sua, sembra una vita maledetta, ma che, nonostante tutto, continua ad andare avanti – come dice il titolo della sua biografia – “No regrets”… Senza rimpianti.