Gennaro Gattuso e la sua passione smisurata

Gennaro Gattuso

 

Fine anni ottanta, spiagge di Schiavonea, Calabria.

A pochi metri dal bagnasciuga, l’inconfondibile profumo del mare si mischia, come nei migliori dei connubi, con le urla di gioia dei bambini.

“Passa!”, “Calcia!”, “Ma che fai?!”… Sono questi gli schiamazzi che emergono dagli improvvisati campetti disegnati sulla sabbia.

In un’immagine che oggi ci appare anacronistica, in una cornice che vedeva allora scendere in campo decine di ragazzi pronti a darsi battaglia, pronti ad inseguire un sogno.

Tra questi piccoli guerrieri, ce n’era uno che ha poi realizzato il proprio, facendo le fortune della sua squadra del cuore, il Milan: Gennaro Ivan Gattuso.

 

Gli inizi

Ritenuto troppo irrequieto per essere ammesso nelle scuole calcio del proprio paese, Rino sino all’età di 11 anni non calpesta il rettangolo verde. Poi, cercando di seguire le orme del padre Franco (che aveva militato nei campionati dilettantistici, arrivando fino alla Serie D), si accinge ad affrontare i primi provini.

Prima, quello con il Bologna, a seguire, la svolta con il Perugia.

Con gli emiliani le cose non vanno come sperato, mentre, alla corte dei grifoni, Walter Sabatini dopo averlo osservato è sicuro: Gattuso deve indossare la maglia dei biancorossi.

Dopo sei anni nelle giovanili del club umbro, il centrocampista calabrese calamita le attenzioni di Giovanni Galeone (allora allenatore della prima squadra), conquistandosi l’opportunità di esordire nella serie cadetta, e l’annata successiva in Serie A (il 3 dicembre 1996).

È il primo capitolo tra i professionisti, l’inizio di un viaggio che l’avrebbe visto protagonista di una carriera strepitosa.

Ma, prima di imporsi definitivamente in Italia, c’è un passaggio nella sua carriera che risulterà fondamentale per la crescita definitiva: quello scozzese…

 

Scozia

Con 10 presenze e nessuna rete all’attivo, nella primavera del 1997 Gattuso conclude definitivamente il percorso con il club che l’aveva visto crescere. Ad attenderlo, ci sarebbe stata un’avventura lontano dallo stivale.

Nonostante la giovane età, infatti, Rino sceglie di volare in Scozia. Più precisamente Glasgow, nello storico e vincente club dei Rangers.

Sarà amore a prima vista.

La Premiership scozzese è un campionato fisico e strettamente legato a grinta e atletismo, l’ambiente ideale per permettere a Gennaro di maturare ed esprimere tutte le sue potenzialità.

Il tecnico Walter Smith lo sa bene e, dopo averlo schierato consecutivamente per due partite, non riesce più a far a meno di lui.

Dopo una stagione da titolare imprescindibile (con un secondo posto guadagnato in campionato), però, Gennarino ha voglia di tornare in Italia. Sa che l’esperienza britannica è servita, ma adesso il suo obiettivo è quello di imporsi in Serie A.

 

La consacrazione

Il rientro in Italia si traduce per l’incontrista calabrese come un’occasione da cogliere a tutti i costi. Un’opportunità che avrebbe potuto lanciarlo, da lì a breve, verso una piazza importante.

La chiamata della neopromossa Salernitana (guidata prima da Delio Rossi e poi da Francesco Oddo) si dimostra per Ringhio come un vero trampolino di lancio. Determinazione, grinta e sfrontatezza permettono al numero 6 granata di crescere nei mesi, ma soprattutto di mettersi in mostra nonostante la squadra al termine della stagione retroceda in serie B.

Dopo una sola stagione in Campania, infatti, una grande squadra bussa alla porta del presidente Aliberti: si tratta del Milan di Silvio Berlusconi, la squadra per cui ha sempre fatto il tifo. Il sogno che si avvera.

Quello, sarebbe stato l’inizio di uno splendido matrimonio calcistico.

 

Paradiso Milan

Gattuso si trasferisce a Milano nell’estate del 1999. È Ruben Buriani (team manager della Salernitana ed ex giocatore rossonero) a consigliarlo al club meneghino. In un’intuizione che negli anni avrebbe sicuramente portato i suoi frutti.

Bastano pochi mesi, infatti, per vedere scoccare la scintilla tra Ringhio e il Diavolo, con il numero 8 rossonero che riesce velocemente a convincere anche i più scettici sul suo conto.

Dopo le prime uscite, tifosi e addetti al lavoro sono già sicuri: Rino incarna lo spirito del Milan.

A dar loro ragione, sarà solo il tempo.

Allenamento dopo allenamento, prestazione dopo prestazione.

 

Vittorie

Dopo essersi guadagnato in tempo record l’affetto dei propri tifosi, Gattuso ha solo un pensiero nella testa: vincere.

Lo farà, eccome se lo farà.

Nelle 13 stagioni che lo vedranno protagonista al Milan, riuscirà a conquistare ogni trofeo disponibile: 2 Champions League, 1 Mondiale per Club, 2 Campionati, 2 Supercoppe Italiane, 1 Coppa Italia e 2 Supercoppe Europee.

Se poi ci si aggiunge nel 2006 la conquista della Coppa del Mondo con l’Italia, allora si parla di qualcosa al limite del possibile.

Se si pronuncia il verbo vincere, non si può quindi non nominarlo. Lo stesso, però, se si parla di docce fredde.

 

Un brutto colpo

Il 7 dicembre 2008 per Gattuso è l’inizio di un incubo. Nella sfida pomeridiana contro il Catania, Rino (durante l’esecuzione di uno dei suoi classici interventi in scivolata) compie un movimento innaturale con il ginocchio destro.

Il dolore è forte, ma l’incitamento del pubblico, accompagnato dall’intervento immediato dei medici rossoneri, convince il numero 8 a stringere i denti senza uscire dal campo.

Purtroppo, però, il giorno seguente sarebbe arrivato l’esito di quel tackle mal riuscito: rottura del legamento crociato, stagione finita.

Quello, sarebbe stato l’inizio di un lungo calvario.

 

Addio al calcio

Nonostante le difficoltà Gattuso, come sempre, si rialza a testa alta. Recuperando, pienamente o quasi, dal brutto infortunio al ginocchio.

All’orizzonte, però, vi sarebbe stato l’ennesimo problema.

A poco più di due anni dall’intervento, dopo aver dimostrato a tutti per l’ennesima volta in carriera di essere un giocatore di livello mondiale, arriva la seconda doccia fredda: miastenia oculare. Una patologia, che gli impedirà di esprimersi in campo.

Dopo mesi di inattività e paura, però, Rino non si dà per vinto e scende nuovamente sul rettangolo verde.

Purtroppo si tratta solamente di un’illusione e, dopo aver detto addio al Milan il 30 giugno 2012, quello al calcio sembra pura formalità.

L’ultimo capitolo della carriera di Rino, è la parentesi allo Sion in Svizzera, ma, a detta di tutti, si può dire che il commosso saluto a San Siro abbia segnato la conclusione di questa meravigliosa storia.

In un istante capace di far riemergere ogni ricordo: dalle lotte sulle spiagge di Schiavonea, all’addio da eroe rossonero.

 

Pietro Caneva
Mi sono occupato dell'intera stesura di "Domenica alle 15. Il calcio al tempo dei social" di Luca Diddi (ex Match Analyst dell'Hellas Verona e CEO di Calciatoriignoranti)

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