La storia di un calciatore dal talento enorme tanto quanto le sue insicurezze
Dover convivere con tanti traumi e sofferenze, alimentate da uno stato economico famigliare davvero complicato e da un padre che spesso, dopo aver alzato il gomito (cosa che accade una sera sì e l’altra pure), lo picchia: non dev’essere stato affatto facile per Paul Gascoigne crescere in un contesto del genere.
I primi problemi
Fanno seguito i primi problemi a scuola, i piccoli furti e gli atti vandalici nei supermercati e per le strade, le prime turbe. Come se non bastasse, deve convivere con la morte di un compagno di suo fratello più piccolo, avvenuta proprio davanti ai suoi occhi mentre giocavano insieme: la sua vita sembra andare completamente a rotoli già da ragazzino.
L’unica luce, l’unica valvola di sfogo, l’unica cosa che gli riesce in una vita tormentata è giocare a calcio.
È il Newcastle a credere subito in lui. Il club della contea di Tyne and Wear lo fa crescere, lo coccola e lo fa capitano della squadra giovanile con cui vince la Youth FA Cup da protagonista (nel 4-1 finale al Watford segna una splendida doppietta, raccontano i presenti di una perla meravigliosa). Nello stesso anno, fa il suo esordio in prima squadra, ma è dalla stagione seguente che inizia ad essere parte integrante della rosa dei Magpies.
Il debole di Sir Alex
Saranno tre anni di alto livello per Paul, che segna 25 gol e fa conoscere tutta la sua classe e la sua imprevedibilità. Se ne accorge anche sir Alex Ferguson, uno dei più grandi allenatori britannici della storia, che prova in tutti i modi a portarlo al Manchester United, senza riuscirci. Ammetterà anni dopo di averlo corteggiato nell’estate del 1988, prima che finisse al Tottenham.
«Cristiano Ronaldo è stata la mia più grande intuizione, ma subito dopo viene quella in cui vidi Paul Gascoigne. Era il lunedì di Pasquetta, con lo United andammo a casa del suo Newcastle. Gazza era stato fuori per infortunio, rientrò quella partita. Ad accoglierlo misi Whiteside e Moses, due mediani non proprio chierichetti. Be’, Gascoigne passò Moses con un tunnel, dandogli un buffetto in testa. Saltai dalla panchina urlando: ‘Fermate ‘sto pezzo di…’ Ma niente, Paul li saltò entrambi. Cerchai di acquistarlo in tutti i modi infatti ma quell’estate passò al Tottenham. Quando ti capita un talento del genere davanti sai che sono quelli i momenti che vai cercando in ogni istante della tua carriera d’allenatore».
Capitolo Lazio
Paul John Gascoigne è stato, tra fine anni ottanta e inizia anni novanta, uno dei centrocampisti più forti formatosi nel campionato inglese. Dopo il Tottenham e i mondiali di Italia 1990, è la Lazio quindi ad accaparrarselo per l’enorme cifra di otto miliardi di lire.
Nel giorno del suo arrivo all’aeroporto di Fiumicino, sembra sia atterrata una star del cinema per quanta gente si presenta tra giornalisti e semplici curiosi: è il caos più totale.
Diventa subito idolo dei tifosi biancocelesti, segna pure un bellissimo gol nel derby capitolino di testa, ma nulla più: il suo mandato alla Lazio sarà segnato più da momenti bui che da momenti positivi.
Non riesce a fare a meno di bere, di condurre una vita sregolata e sempre al limite. Oltre a ciò, si fa pure male gravemente in uno scontro di gioco con il giovane Alessandro Nesta: infortunio che lo tiene fuori dal campo per un anno esatto.
Torna in campo nella primavera del 1995 e fa in tempo a giocare il suo ultimo derby capitolino, prima di lasciare Roma per sbarcare nel campionato scozzese, ai Glasgow di Rangers.
Nella terra delle cornamuse, in un torneo comunque meno competitivo della Serie A italiana, torna a giocare con continuità e ad essere decisivo, regalando gli ultimi sprazzi di classe della sua travagliata carriera.
Testimonianze
Oltre a sir Alex Ferguson, anche altri allenatori come Bobby Robson, Dino Zoff, Terry Venables e Zdenek Zeman ne hanno parlato come un calciatore dalle potenzialità tecniche incredibili. Sì, poi tutti aggiungevano che fosse un “pazzo totale”, e se lo dicono praticamente tutti quelli che lo hanno allenato…
Ne ha combinate talmente tante, in campo e fuori, che gesti, comportamenti e scherzi illogici diventavano la normalità con lui.
In campo ha palpato genitali, annusato ascelle e sventolato cartellini a direttori di gara. Durante il suo periodo ai Rangers, in un Old Firm, dopo un gol è andato sotto la curva dei tifosi del Celtic, storicamente cattolici, provocandoli con il gesto di un flauto che mimava la sfilata dei protestanti orangisti dell’Irlanda del Nord.
Poi, qualche altro siparietto con calciatori avversari (iconico quello con Vinnie Jones che gli strizza i “gioielli” di famiglia): ne ha fatte tante Paul.
Ma, sinceramente parlando, niente a che vedere con ciò che ha combinato fuori dal campo.
La lista degli scherzi assurdi a compagni, magazzinieri e persino ai suoi allenatori è lunghissima. Dal defecare nei calzini e nelle scarpe al presentarsi completamente nudo alle riunioni o nei viaggi in pullman; dal chiudere a chiave dentro casa compagni di casa allo sparire durante gli allenamenti: cose che se non le avessero raccontate più persone si farebbe fatica a credere.
E poi ancora evasioni fiscali, festini a base gin, vodka, whiskey o brandy anche prima delle partite, dipendenza da droghe, da sciroppi per la tosse e da Red Bull (è arrivato a berne 50 lattine al giorno), aggressione a paparazzi, tifosi investiti, risse con il suo amico storico Jimmy ‘cinquepance’ Gardner, prigione, ricoveri… Una vera e propria autodistruzione.
“Mi faceva diventare matto”
Ciò che ne viene fuori è una carriera altalenante di un calciatore forte e simpatico ai più, ma terribilmente instabile. Le parole di Dino Zoff, suo allenatore ai tempi della Lazio, lo confermano: “Mi faceva diventare matto, ma anche sganasciare dalle risate. Non sapeva nascondere i propri sentimenti perché aveva un temperamento d’artista, e come tutti gli artisti alternava colpi geniali a lunghi momenti in cui si rivelava un completo disastro…”.
Ancora oggi, a 55 anni, si sentono a fasi alterne storie sul suo conto di bravate, ricoveri improvvisi, fughe nei pub (l’ultima durante la quarantena per il covid19, infrangendo il lockdown) e di riabilitazioni e ritorni in carreggiata (ha partecipato anche alla versione italiana del Reality Show dell’Isola dei famosi).
Ciò che alla fine dei conti emerge è che, il suo, purtroppo, è un circolo vizioso che non sembra avere fine.