Il 2021 di Jorginho: il rigore dà, il rigore toglie

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Il 2021 di Jorginho tra Champions League, Europei e rigori

C’è chi durante una partita di calcio guarda la palla, dove si concentra l’azione. C’è chi può giurare, invece, di guardare ciò che è presente ma non si vede. Ciò che forse solo i più sensibili notano.

Jorginho è proprio uno di quei calciatori da guardare sia con che senza palla, per capirne la poesia. Purtroppo, giocatori così importanti ma così silenziosi, vengono apprezzati solo quando ottengono risultati.

Dal Verona alle big di Premier

A Verona Jorginho ha iniziato vivendo in un antico monastero con altri calciatori della Primavera. Una stanzetta, sei persone, 20 euro a settimana. Troppo poco per un ragazzo nemmeno maggiorenne, che ad un certo punto pensa di mollare, temendo di essere sfruttato.

Ci pensa la madre, sua prima fan, a convincerlo a non rinunciare al calcio. I primi allenamenti in prima squadra, le prime partite in Lega Pro e Lega Pro Seconda Divisione alla Sambonifacese. Poi il ritorno al Verona e l’esordio in Serie B nel 2011, quando diventa perno del centrocampo scaligero.

Infine l’esordio in Serie A con la vittoria contro il Milan per 2-1 nel 2013. Da allora un’ascesa incredibile per l’italobrasiliano. A gennaio va nel Napoli di Benitez. Il minutaggio cresce, ma sembra incompatibile con il centrocampo a due del tecnico spagnolo. Spesso in difficoltà, spesso in ritardo, e le sue prestazioni sono insufficienti.

Cambia tutto con l’arrivo di Maurizio Sarri. Il tecnico toscano gli preferisce inizialmente Valdifiori, ma dopo poche partite Jorginho si mostra a suo agio nel 433 di Sarri e le gerarchie sono invertite, per sempre. Perfettamente integrato nel gioco di posizione, Jorginho diventa un grande interprete del gioco a massimo due tocchi. È da allora un piacere vederlo giocare, osservare i suoi movimenti senza palla per liberare linee di passaggio, per non far rallentare la manovra offensiva anche quando è marcato a uomo. Jorginho permette alla palla di muoversi anche senza toccarla.

Dopo aver sfiorato più volte lo Scudetto col Napoli, il passaggio al Chelsea è realtà. Arriva a Londra insieme a Maurizio Sarri, ma dopo una buonissima partenza, iniziano i problemi. I dettami del gioco di Sarri non vengono completamente recepiti dalla rosa e la squadra va in difficoltà.

Un centrocampista come Jorginho è completamente diverso dal classico mediano di Premier, che morde le caviglie, aggredisce, ha foga. Le critiche di Rio Ferdinand (“non fa assist, non corre, non difende”) e quella storica di Tardelli dopo una partita della Nazionale, fanno sorridere adesso.

La prima stagione al Chelsea termina con un’Europa League vinta e un terzo posto in campionato alle spalle dei 98 e 97 punti di Manchester City e Liverpool. In poche parole, il massimo raggiungibile. Ormai è tardi per tenere Sarri, che ha già un accordo con la Juventus. L’italo-brasiliano però resta.

Con Frank Lampard il primo anno offre un buon rendimento, ma Jorginho sparisce un po’ dai radar all’inizio del 2020/2021. Tuttavia l’arrivo di Tuchel sulla panchina blues cambia tutto. Con Kanté forma un coppia stratosferica, che domina l’Europa, il cui lavoro culmina con la vittoria della Champions League. E da qui, inizia il 2021 da favola per Jorginho.

Lo straordinario 2021 di Jorginho

Champions League, Europei, Supercoppa UEFA e UEFA Men’s Player of the Year. Dall’esordio in Serie B al tetto d’Europa, sia col club che con la Nazionale, in 10 anni.

Mesi incredibili, magici, che gli hanno permesso di arrivare addirittura terzo nella corsa al Pallone d’Oro (vinto da Messi). Anno in cui, tra le altre cose, batte due record: contro la Spagna, in semifinale agli Europei, ha intercettato ben 8 palloni, record per un giocatore in un singolo match nelle ultime due edizioni; inoltre, ha realizzato 10 rigori in Premier League nell’anno solare. Mai nessuno ci era riuscito. E furono addirittura 13 su 13 col Chelsea.

Sì, proprio i rigori. Il gesto tecnico che, purtroppo, l’hanno fatto passare dalle stelle alle stalle nei cuori dei tifosi più severi. Perché se hai un ruolo alla Jorginho, per essere apprezzato dai più hai bisogno di risultati.

I rigori di Jorginho: gioia e dolore

Nella spedizione europea dell’Italia del 2021, Jorginho risulta tra i migliori azzurri. Senza l’errore alla lotteria dei rigori in finale avrebbe anche potuto vincere il premio di miglior giocatore del torneo, ma la perfezione non esiste. Il suo rigore in semifinale è comunque ormai storia. La freddezza dell’esecuzione, la finta con saltello, la lentezza del tiro dovuta alla sicurezza del gol, lo rendono uno dei rigori più iconici della storia della Nazionale.

Eppure, nonostante questo, Jorginho viene qualche mese dopo additato come un cattivo esecutore di rigori a causa del doppio errore contro la Svizzera per la qualificazione ai Mondiali. E poi, diciamocela tutta, serviva davvero un rigore per passare in un girone con Svizzera, Lituania, Bulgaria e Irlanda del Nord?

Ed ecco quindi che l’italo-brasiliano, per cui è stato chiesto a gran voce dai tifosi italiani il Pallone d’Oro soltanto due mesi prima, torna ad essere il regista dei passaggi a un metro, lento, e poco utile. Ma è davvero così?

Lobotka, ad esempio, in carriera non ha mai avuto la considerazione che sta avendo adesso in questo Napoli stellare, che incanta l’Europa. O Busquets: gli sarebbero stati riconosciuti comunque i giusti meriti come giocatore se non avesse giocato nel Barcellona di Messi o nella Spagna, vincendo tutti quei trofei?

Non lo sapremo mai, fatto sta che nello sport in generale, i giocatori che fanno un lavoro poco appariscente determinano più di quanto sembri. Il problema è che nelle situazioni importanti sono costretti a fare bene, per non essere ricordati negativamente.

Quindi Jorginho non aver paura di sbagliare un calcio di rigore, non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore. Un giocatore lo vedi dall’utilità e dal riconoscere il proprio ruolo in una squadra. I dettagli, quelli che non notano tutti, fanno la differenza. L’essenziale è invisibile agli occhi.

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