Leite Ribeiro Adriano, l’Imperatore più amato di sempre

Sebbene il suo potenziale sia rimasto parzialmente inespresso, rimane uno degli attaccanti brasiliani più forti della storia

La sua è stata un’infanzia molto difficile, come d’altronde quella della maggior parte dei ragazzi che nascono e crescono nelle favelas brasiliane.
Un’infanzia caratterizzata dalla povertà, con il pallone per tanti ragazzini brasiliani come unica àncora di salvezza a cui aggrapparsi con forza per non farsi trascinare via da correnti violente.

Lo sa bene il piccolo Adri, sempre pronto a giocare a piedi nudi sullo sterrato assieme ai suoi coetanei, all’ombra del Cristo Redentor. Lo fa inizialmente per divertirsi, con la spensieratezza tipica dei bambini. Con il tempo, evidentemente si accorge di avere talento, tanto che comincia in età adolescenziale a sognare di diventare ricco per potersi permettere una grande macchina.
Questa ambizione lo porta a prendere sempre più seriamente quel semplice passatempo iniziale, trovando il fondamentale supporto della sua famiglia, in particolare di papà Almir, al quale è molto legato. Sogna di giocare e segnare per la tanto amata Seleção un giorno, seguendo le orme dei più grandi calciatori brasiliani della storia.

Agli albori della sua carriera

Muove i primi passi concreti da calciatore con la maglia del Flamengo, club con cui esordisce tra i professionisti nel 2000, a soli 18 anni. Dapprima schierato terzino, successivamente diventa centravanti, mostrando ottime doti realizzative oltre ad una notevole forza fisica. Non disdegna nel fornire assist ai compagni, rivelandosi molto duttile e dunque in grado di giocare in più posizioni. Dopo le ottime prestazioni con i ‘Rubro-Negro’, i dirigenti di mezza Europa si annotano il suo nome sul taccuino.

Nell’estate 2001 viene acquistato dall’Inter nell’ambito di una trattativa che coinvolge il suo connazionale Vampeta, ceduto appunto al club brasiliano. In un’amichevole contro il Real Madrid, subentra nei minuti finali al posto di Bobo Vieri, quando il risultato è sull’1-1. Si procura una punizione dal limite dell’area e vuole calciarla a tutti i costi, Seedorf e gli altri compagni glielo permettono. Risultato? Bolide pazzesco che bacia la traversa e si insacca in rete. Tutti i presenti restano a bocca aperta di fronte a quel sinistro così potente e l’impressione è che quel ragazzo possa farne tanta di strada.

Debutta in Serie A contro il Parma e trova la sua prima gioia italiana contro il Venezia, siglando il gol vittoria nei minuti di recupero. Data la giovane età, scende in campo soltanto in 8 occasioni e dopo appena sei mesi si trasferisce in prestito alla Fiorentina. Nonostante le 6 reti in 15 presenze, non riesce ad evitare la retrocessione dei viola.

L’esplosione con la maglia del Parma: che coppia con Mutu!

Per la stagione successiva, viene acquistato in compartecipazione dal Parma, dove si afferma sin da subito. Insieme al romeno Adrian Mutu forma una delle migliori coppie gol che abbia mai potuto ammirare il nostro campionato. In due siglano ben 35 reti (17 per Adriano, una in più per il suo partner d’attacco). Grazie alle loro prodezze, i ducali chiudono al 5° posto, raggiungendo la qualificazione in Coppa UEFA.

L’annata seguente comincia altrettanto bene, ma a novembre subisce un infortunio che lo costringe a stare ai box per circa due mesi. Torna in campo nel gennaio 2004 segnando un gol all’Udinese. Tale rete, l’ultima con gli emiliani, lo classifica al 9° posto nella graduatoria dei realizzatori ducali in Serie A con 23 centri.

Decisivo anche in Nazionale

Nel 2000 realizza anche l’altro grande sogno: debuttare con la maglia della Nazionale brasiliana. Lo fa contro la Colombia, gara valida per le qualificazioni ai Mondiali del 2002. Viene convocato per il Campionato sudamericano di calcio Under-20 2001 in Ecuador, competizione che i brasiliani si aggiudicano grazie ai suoi 6 gol. Complice una rosa stracolma di campioni affermati, non fa parte della spedizione mondiale in Corea e Giappone, lì dove i verdeoro diventano Pentacampeões.

Per la prima gioia personale in Nazionale maggiore bisogna attendere l’estate del 2003, in un’amichevole contro la Nigeria. Conquista successivamente la Copa América (2004) e la Confederations Cup (2005), laureandosi capocannoniere in entrambe le manifestazioni. Ai Mondiali in Germania nel 2006, il suo nome appare due volte nel tabellino dei marcatori. Tuttavia, il Brasile uscirà ai quarti di finale contro la Francia (gol di Titì Henry) e la Coppa del mondo la solleverà al cielo l’Italia di capitan Fabio Cannavaro. In seguito – anche a causa della difficile situazione personale che lo travolgerà – viene convocato sempre con minor frequenza, fino ad uscire definitivamente dal giro della Seleção.

Rientra all’Inter e diventa prima Hulk, poi Imperatore

L’Inter capisce di aver commesso un errore e decide di riscattarlo nel gennaio 2004 per 23 milioni di euro. Nel girone di ritorno del campionato 2003-04 mette a segno 12 marcature in 18 presenze, permettendo al club nerazzurro di raggiungere la qualificazione ai preliminari di Champions League. Iconica l’esultanza dopo aver segnato contro l’Empoli: via la maglietta e muscoli ben in mostra, tanto da guadagnarsi il soprannome di ‘incredibile Hulk’.

Durante la stagione 2004-05 sfoggia la sua miglior versione: risulta il miglior realizzatore interista con 28 reti complessive. Degna di nota la tripletta contro il Porto in campo europeo, nonché la doppietta alla Roma nella finale d’andata di Coppa Italia grazie a cui i meneghini ipotecano il trofeo. Non si può dimenticare la clamorosa traversa colpita in un Inter-Palermo del 18 settembre 2004: un missile che fa registrare i 140 km/h. Un tiro, quello del brasiliano, che è tutt’ora il più potente mai visto in Serie A e che si piazza nella top 5 dei più forti nella storia del calcio mondiale.

Come detto, in estate regala al Brasile la gioia di vincere la Confederations Cup grazie alle sue prodezze. Un Paese intero è ai suoi piedi ed è qui che la stampa comincia a chiamarlo ‘O Imperador’. Titolo ripreso ovviamente dalla tifoseria della Beneamata, ormai sempre più innamorata del suo numero 10.

La sua stella continua a brillare anche in avvio del 2005-06 caratterizzato, soprattutto, da una memorabile doppietta in un derby vinto per 3-2 in rimonta dall’Inter. Poi, improvvisamente, si inceppa qualcosa. Nel girone di ritorno realizza una sola rete, chiudendo l’annata con 20 centri in 47 partite e il rimpianto di non aver esternato pienamente il proprio potenziale.

Nella stagione seguente, fa addirittura peggio: non riesce ad entrare in forma, non vede più la porta, e a metà ottobre la società nerazzurra decide di concedergli alcuni giorni di riposo per seguire un programma di recupero psicofisico in Brasile. Torna a segnare dopo quasi 9 mesi in una partita contro l’Atalanta del 23 dicembre 2006, ma le sue prestazioni restano comunque altalenanti fino a fine stagione, chiusa con 5 gol in campionato e 1 in Coppa Italia.

Nel 2007-2008 si acuisce la crisi con il tecnico Roberto Mancini. L’Inter, di comune accordo col suo procuratore, decide, per il suo recupero psicofisico, di mandarlo nuovamente in un istituto specialistico in Brasile sino al 1° gennaio 2008. Si parla di una forma fisica da migliorare, ma c’è sicuramente dell’altro.

Lento declino tra depressione, saudade e alcol

Solo anni dopo si scopriranno i veri problemi. Tutto parte dalla morte di suo padre nel 2004, a causa di un infarto. Una scomparsa prematura, un dramma da cui Adriano non riesce mai più a riprendersi. Lo ha confermato anche il suo ex compagno di squadra Javier Zanetti, queste le sue parole in merito: “Quando gli arrivò la chiamata in cui gli annunciarono la morte del padre esplose, urlò in un modo spaventoso, ho ancora i brividi. Da lì nulla fu più come prima e mi dispiace enormemente non essere riuscito a tirarlo fuori dal tunnel della depressione, è la mia più grande sconfitta”.

Automaticamente si attiva in lui la saudade, tipico malessere che contraddistingue i brasiliani quando sentono nostalgia di casa. Inoltre, mancando una figura paterna in grado di farlo rigare dritto, comincia ad assumere comportamenti sbagliati: dipendenza dall’alcol, feste notturne e conseguenti ritardi agli allenamenti. Senza dimenticare la lite in discoteca con il cestista Rolando Howell. Tutti eventi lecitamente puniti dai club di appartenenza e dagli allenatori. Incredibile come un evento negativo possa compromettere definitivamente la carriera di una professionista.

Apparente rinascita tra San Paolo e Flamengo

A dicembre 2007, per il suo bene, Massimo Moratti (da lui considerato come un secondo padre) lo cede in prestito per 6 mesi al San Paolo. Sembra la mossa giusta perché Adriano torna a giocare e segnare con regolarità. L’Inter, che nel frattempo decide di affidarsi a Mourinho, si convince a riprenderlo e lui sembra voler fugare tutti i dubbi con una partenza sprint. Coi gol a Panathinaikos e Anorthosis in Champions tocca quota 18 reti diventando il miglior marcatore di tutti i tempi del club nerazzurro nella massima competizione europea.

Il rapporto con Mourinho sembra essere positivo, nonostante un ritardo ad un allenamento gli costi una serie di esclusioni dalle convocazioni. Ma tutto precipita durante la sosta natalizia del campionato: il 3 gennaio 2009 c’è un nuovo faccia a faccia tra tecnico e giocatore, presentatosi in ritardo agli allenamenti. La situazione pare rientrare a febbraio, dopo che Adriano ha collezionato una striscia di prestazioni confortanti, impreziosite anche da qualche gol. In aprile, però, dopo aver risposto ad una convocazione del Brasile, Adriano non torna con il resto dei compagni in Italia. E alcuni giorni dopo dichiara: “Per ora smetto, ho perso la felicità di giocare. Non so ancora se starò per uno, due o tre mesi senza giocare. Ho intenzione di ripensare alla mia carriera”. L’Inter capisce di non poter fare più nulla e ad aprile prende la decisione di risolvere consensualmente il contratto con il giocatore.

Torna a giocare il 31 maggio con la maglia del Flamengo. Segna al debutto e fa innamorare subito i suoi vecchi tifosi. Ma in realtà non perde le cattive abitudini. E a luglio non si presenta per la terza volta all’allenamento, rendendosi irreperibile. Il presidente Leite decide così di prendere provvedimenti disciplinari, per poi ripensarci. Tra alti e bassi Adriano torna, comunque, ad essere decisivo. E’ tra gli indiscussi protagonisti della fantastica rimonta dei rossoneri nel Brasileirao. Tanto che chiude la stagione con 19 reti, capocannoniere del torneo, a pari merito con Diego Tardelli dell’Atletico Mineiro.

Adriano in Brasile appare però appesantito. Le sue storie fuori dal campo fanno a volte più notizia delle prodezze in campo. Si parla spesso più dei litigi con la fidanzata e delle pericolose amicizie con clan mafiosi che non dei suoi gol. Lui tira avanti per la sua strada ma continua ad alternare prestazioni sfavillanti ad altre sconcertanti. Tanto che dopo aver convinto Dunga a puntare ancora sui di lui in Nazionale, malgrado le feroci critiche della stampa, alla fine fa fare dietrofront anche al CT che decide di non includerlo nella rosa dei 30 per i Mondiali.

Inattività, brevi esperienze e ritiro: un triste finale di carriera

Veste 5 maglie diverse in 6 anni: Roma, Corinthians, ancora Flamengo, Atletico Paranaense e Miami United (club statunitense militante nella NPSL, il quarto livello calcistico degli Stati Uniti). Continuano a susseguirsi infortuni (tra cui la rottura del tendine d’Achille), episodi controversi (gli viene ritirata la patente in seguito al suo rifiuto di sottoporsi al test dell’etilometro), mancanze disciplinari ed una forma fisica imbarazzante (arriva a pesare 104 kg). Poi ancora diserta allenamenti, si ritira e ci ripensa, continua con le feste notturne. Il 28 maggio 2016 annuncia il suo definitivo addio al calcio giocato.

Meritava sicuramente un finale di carriera degno del suo soprannome, così come lo meritavano i tifosi dell’Inter e tutti coloro che lo hanno amato per le sue gesta sul rettangolo di gioco. E il suo potenziale, come detto, lo si è visto soltanto a tratti e mai, purtroppo, al massimo delle possibilità.

Chissà cosa sarebbe potuto essere…

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