Gian Piero Gasperini: quando un modello vale più dei trofei

Alla sua quindicesima stagione in Serie A, il tecnico piemontese sogna la quarta qualificazione in Champions con l’Atalanta

Si dice che il lupo perda il pelo, ma non il vizio. Proverbio sentito e risentito, ma tremendamente appropriato per descrivere i ventinove anni di carriera da allenatore di Gian Piero Gasperini. Per il tecnico originario di Grugliasco, il motto che rimbomba nelle stagioni è infatti sempre lo stesso: valorizzare i ragazzi a disposizione e lanciarli.

Impresa per pochi, soprattutto sul suolo italiano.

Nella lista di questi pochi eletti capaci, però, il tecnico dell’Atalanta si posiziona indubbiamente in prima fila.

Identità

Un giocatore deve fare un qualcosa in cui si senta gratificato, se lo costringi non va bene. Deve essere convinto” così in un’intervista per Prime Video Gasperini si esprime in merito alla sua idea di calcio, rapportata agli interpreti che ha a disposizione. Un aspetto imprescindibile che, molte volte, fatica a esser messo in pratica con i calciatori di una certa esperienza. Anche i più professionali: “Ero convinto che Zanetti all’Inter potesse essere un terzo difensore di destra fantastico, vista anche l’età. Lui non era dello stesso avviso”.

Forse anche questo fattore, oltre alla bocciatura della difesa a 3, potrebbe aver influito sul suo precoce esonero in nerazzurro.

Ma partiamo dal principio.

Una lunga gavetta

Dopo aver indossato le vesti di calciatore tra la fine degli anni 70 e inizio anni 90, nel 1994 Gian Piero inizia il suo cammino in panchina. Precisamente, partendo dalle giovanili del club che per primo l’aveva lanciato da giocatore: la Juventus.

In bianconero- tra Giovanissimi, Allievi e Primavera– rimane nove anni, vincendo nel 2003 il Torneo di Viareggio, e guadagnandosi la chiamata del Crotone. Poi, rispettivamente Genoa, Inter, Palermo, ancora Genoa, e Atalanta.

Le capacità del tecnico sono sin da subito sotto gli occhi di tutti. Alla guida dei calabresi, ottiene il primo anno la promozione in Serie B, mentre, con il Grifone, scrive una meravigliosa storia di amore, trascinando la squadra nel giro di due anni dalla serie cadetta alla qualificazione in Europa League, e formando giocatori come Diego Milito e Thiago Motta.

Il lavoro di Gasperini in Italia è sulla bocca di tutti, ma, nonostante la chiamata dell’Inter nell’estate del 2011 (a poco più di un anno dall’indimenticabile Triplete), la sua carriera non riesce a decollare.

L’esperienza in nerazzurro, infatti, finisce dopo soli 73 giorni. Quella al Palermo, invece, viene macchiata da un esonero e una successiva rescissione consensuale con il club.

Quando tutto quanto fatto di buono per i media sembra esser finito nel dimenticatoio, Gasperini stupisce ancora una volta. Preziosi, che non l’ha mai dimenticato, lo vuole a tutti i costi per sostituire Fabio Liverani. Gian Piero, nell’ambiente giusto per lavorare, può solo tornare a stupire.

Ottiene due tranquille salvezze e, nella stagione 2014-2015, la seconda qualificazione europea con il Genoa, posizionandosi al sesto posto in campionato. Un’impresa straordinaria, ma, purtroppo per i tifosi, vanificata per la mancata concessione della licenza UEFA.

Dopo tre annate in rossoblù, nel 2016, arriva la chiamata della Dea.

Idee e rivoluzione

Giocare contro l’Atalanta è come andare dal dentista” dirà ironicamente Pep Guardiola. Un’affermazione che strappa un sorriso, ma, detta da uno dei tecnici più vincenti e rivoluzionari della storia di questo sport, fa soprattutto riflettere.

L’idea di gioco di Gasperini, infatti, riesce a essere apprezzata da tutto il mondo, e diventa un modello di calcio europeo. Ispirato dalle squadre olandesi (su tutte l’Ajax), propone sin dagli inizi di carriera un 3-4-3, con il trio difensivo che in Italia spesso veniva erroneamente percepito come una scelta conservativa. Insomma, tutto l’opposto di quanto ci mostra Gasperini con le sue squadre da anni.

Aggressione in avanti, riconquista veloce, e fase difensiva uomo a uomo senza la necessità della superiorità numerica. Concetti che, nelle stagioni, gli vengono imitati da club di tutto il globo.

Solo nello stivale, per esempio, troviamo diversi suoi “figli calcistici”: da Palladino, passando per Juric, Thiago Motta e Bocchetti. Tecnici che, avendo avuto Gasperini come allenatore in carriera -nel caso di Juric come compagno di squadra e successivamente di staff tecnico- stanno dimostrando di poter far grandi cose, imitandone la proposta in campo.

Ma come si fa a scegliere i giocatori giusti per interpretare la propria idea calcistica sul terreno di gioco? “Il trucco è guardare i calciatori in allenamento come se non li conoscessi, come se venissi da un altro mondo. Occorre porre l’attenzione solo sull’aspetto tecnico, sulle qualità calcistiche dei giocatori, indipendentemente da status e carriera di quest’ultimi”. Follia a certi livelli? No, meritocrazia: uno dei pilastri di cui Gasperini non può far a meno.

Con questa filosofia, nei suoi anni all’Atalanta, lancia decine di giocatori: Spinazzola, Caldara, Mancini, Bastoni, Petagna, Kessiè, solo per citarne alcuni. Il tutto, agevolato da un progetto societario improntato sulla crescita del settore giovanile.

Traguardi

Nonostante non annoveri nel suo palmares trofei di squadra (tranne un campionato di Serie C e uno di Serie B), Gasperini raggiunge innumerevoli traguardi.

Il suo coraggio, e il suo desiderio di trasmettere sempre alle proprie squadre l’idea di scendere in campo per essere protagonisti indipendentemente dall’avversario, lo portano a conquistare premi da allenatore, che troppo spesso vengono messi in secondo piano.

Vince una Panchina d’argento all’esordio nel ruolo di tecnico di una prima squadra poi, un premio di Allenatore dei sogni, uno di miglior allenatore dell’anno nei Gazzetta Sports Awards, e infine due Panchine d’oro.

Con il club bergamasco, invece, raggiunge la miglior posizione in classifica della storia dell’Atalanta, ottenendo per tre annate consecutive la qualificazione in Champions League, e addirittura sfiorando il raggiungimento della semifinale della Coppa dalle grandi orecchie, dopo una meravigliosa sfida al Parco dei Principi contro il Psg nella stagione 2019-2020.

Tornando al presente, viste le ultime uscite con Sassuolo, Lecce e Milan, la situazione per i nerazzurri non appare delle migliori.

Difficile, visto l’andamento delle squadre davanti, ottenere quella che sarebbe la quarta qualificazione in Champions sotto la guida Gasperini.

Ma, quando il vero fuoriclasse si trova in panchina, la speranza è sempre l’ultima a morire.

 

Pietro Caneva
Mi sono occupato dell'intera stesura di "Domenica alle 15. Il calcio al tempo dei social" di Luca Diddi (ex Match Analyst dell'Hellas Verona e CEO di Calciatoriignoranti)

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