25 giugno 1988, Oss (Netherlands). In una municipalità da poco più di 85000 abitanti non si parla di altro: alle 15:30, l’Olanda sfida l’Unione Sovietica nella finale degli Europei.
Da una parte le individualità di giocatori come Van Basten, Rijkaard, Gullit, dall’altra, la corazza guidata da Valerij Lobanovs’ kyj (che verrà poi sconfitta con un secco 2-0).
Davanti al televisore, ad ammirare le gesta degli Oranje, c’è un ragazzino di 12 anni che è già ossessionato dal calcio. Il suo nome? Ruud van Nistelrooy.
Il suo idolo? Ovviamente Marco Van Basten.
IL PRIMO RUOLO
A essere del tutto sinceri, nonostante oggi possa sembrarci assurdo, Ruud inizia la sua carriera da centrocampista. Fisicità e qualità tecniche, infatti, sembrano addirsi perfettamente alla zona nevralgica del campo. Presto, però, il suo feeling con il gol avrebbe convinto tutti: il ragazzo è nato per fare il centravanti.
“Litigava sempre e con chiunque, continuamente. L’impressione è che trovasse stimoli, nel litigare o umiliare l’avversario” commentò la mamma riferendosi ai primi anni di carriera del figlio.
Insomma, un bel caratterino sin da ragazzo. Un aspetto che proverà a limare negli anni, ma che, in fondo, non riuscirà mai ad abbandonare del tutto.
È il Psv – dopo le parentesi con Den Bosch e Heerenveen – a offrirgli a 22 anni la possibilità di mettersi seriamente in mostra. 77 gol in tre anni, accompagnati da due campionati e due supercoppe dei Paesi Bassi possono bastare per ripagare al meglio la fiducia del club?
Per i media olandesi – che lo etichettano già come il nuovo Marco van Basten (ritiratosi proprio in quegli anni) – la risposta è scontata.
L’interesse del Manchester United di Sir Alex Ferguson, è la conferma più grande.
ASCESA
L’approdo in Inghilterra avviene il 1 luglio 2001. Si tratta di un grande passo ma, alla corte dei Red Devils, Van Nistelrooy non disattende le aspettative. Anzi, esplode.
In cinque annate a Manchester mostra tutto il suo bagaglio calcistico. Senso della posizione, fiuto del gol, eleganza e cattiveria agonistica. Affiancata, ovviamente, da quel mix di sfacciataggine e arroganza che l’ha reso celebre.
È incontenibile, probabilmente, in quegli anni il centravanti più decisivo del pianeta. D’altronde, non si diventa capocannoniere della Champions League per tre volte in cinque anni per caso.
“Un giorno Ruud avrà una statua fuori dall’Old Trafford. È il miglior centravanti che possa aver visto un tifoso dello United nella propria squadra “dirà Ferguson.
Un’investitura, che fa capire il livello raggiunto dal fuoriclasse olandese.
Poi, però, complice l’acquisto di Cristiano Ronaldo, il rapporto tra il tecnico scozzese e l’olandese si incrina improvvisamente.
“Van Nistelrooy era frustrato nei suoi confronti, correva in area ma non riceveva mai la palla dal portoghese, che amava invece dribblare il terzino tre o quattro volte. In molti avevano qualcosa da ridire riguardo quell’atteggiamento. Ruud era abituato a Beckham o Giggs e, per questo motivo, si lamentava di continuo” dirà l’ex giocatore delle giovanili del Manchester Eddie Johnson.
Una serie di panchine – su tutte quella nella finale di League Cup contro il Wigan – portano alla rottura totale con allenatore e club.
La scelta di approdare al Real Madrid, club che lo corteggiava da tempo, viene quindi naturale.
GALACTICOS
Lascia i Red Devils dopo aver messo a segno 150 gol in 219 partite, ed esser diventato il giocatore della storia del Manchester United ad aver siglato più gol nelle competizioni europee (38). Numeri impressionanti che riuscirà a replicare – o quasi – anche con la camiseta blanca.
“Ruud mi ha detto una cosa durante un periodo in cui non riuscivo a segnare. ‘Ci provi, ma non ci riesci, quando alla fine ce la fai, però, arriva tutto in una volta. È come il ketchup’…” dirà il suo ex compagno Gonzalo Higuain in un’intervista.
Un retroscena che strappa un sorriso, ma che, per una “gol machine” come Van Nistelrooy, negli anni era diventato dato di fatto. Dopo aver vinto il titolo di capocannoniere in Olanda e Inghilterra, infatti, nella stagione 2006/2007 domina anche la classifica della Liga con 25 reti. Segnando tra l’altro – per non farsi mancare nulla – in 7 gare consecutive.
Il peso della maglia sembra non farsi sentire, i suoi numeri come sempre saranno inequivocabili. 64 gol in 96 partite: fra i quali, non mancano vere e proprie opere d’arte.
DECLINO
A segnare indelebilmente la sua carriera sarà però il brutto infortunio rimediato nel suo penultimo anno in Spagna. Rottura del menisco esterno destro, 237 giorni di stop. Parafrasando, l’inizio del declino.
Il Real la stagione successiva lo mette alla porta, Ruud riparte dalla Bundesliga con l’Amburgo. Si vede, non è più lo stesso.
A 33 anni, segna 17 reti in 44 apparizioni. Partita dopo partita, però, complice qualche acciacco fisico, le difficoltà del centravanti iniziano ad essere sempre più evidenti. Non a caso, Bert van Marwijk – allora tecnico della Nazionale – non lo inserisce tra i convocati per i Mondiali del 2010. Forse, complice la scelta di Van Nisterlooy di lasciare più volte la Nazionale negli anni in cui, sulla panchina, sedeva quello che da bambino era proprio il suo idolo: Marco van Basten (nonostante una grande ammirazione, tra Ruud e Marco il rapporto non era esattamente idilliaco).
Dopo l’Amburgo, a dargli l’ultima chance è il Malaga. Siamo nel 2012, e in Spagna ritrova il suo ex tecnico al Real Madrid, Manuel Pellegrini, ma soprattutto l’ambiente giusto per dire con serenità addio al calcio giocato a fine stagione.
RIMPIANTI
Nonostante abbia militato in squadre come Manchester United e Real Madrid, Van Nistelrooy non è mai riuscito a vincere quella tanto sognata Coppa dalle grandi orecchie. Anche in Nazionale non si contano trofei, seppur il suo nome – assieme a quello di Patrick Kluivert – sia entrato indelebilmente nella storia degli Oranje per il record di gol (6) messi a segno nei Campionati Europei.
A livello individuale, i riconoscimenti non sono sicuramente mancati.
Viene premiato dalla IFFHS come miglior attaccante del decennio 2001-2011, e rientra nella ristretta cerchia della lista della FIFA 100 stilata da Pelé nel 2004 dei 125 migliori giocatori viventi.
Il suo nome verrà sempre ricordato con affetto dai tifosi che hanno avuto la fortuna di averlo nelle fila della propria squadra del cuore, ma anche dai semplici appassionati.
I suoi 327 gol con la maglia dei club, sono un bel biglietto da visita per chi non ha avuto la fortuna di crescere ammirandolo in campo.