Matthias Sindelar, il coraggio di opporsi

Matthias Sindelar era la stella dell’Austria Vienna, vincitore di due Coppe Mitropa (antesignana della Coppa Campioni) tra il 1933 e il 1936, e dell’Austria, la meravigliosa nazionale denominata Wunderteam, capace di far parlare di sé in tutto il mondo a cavallo tra la fine degli anni venti e gli anni trenta.

Soprannominato Der papierene, ovvero “carta velina”, per via della sua capacità di finte e dribbling, abbinate ad un fisico esile e leggero, Sindelar era considerato da molti addetti ai lavori del tempo tra i più forti giocatori del mondo.

Gli inizi

Nasce a Kozlov, un piccolo paese della Moravia (all’epoca territorio dell’Impero austro – ungarico, oggi della Repubblica Ceca), da una famiglia molto povera, il 10 febbraio 1903.

È ancora un bambino quando i suoi genitori decidono di trasferirsi a Vienna, in cerca di una vita migliore. Si stabiliscono a Favoriten, quartiere di estrazione popolare abitata perlopiù da immigrati, dove Matthias inizia a conoscere e ad appassionarsi al gioco del calcio.

Gioca per strada, il più delle volte scalzo per non rovinare il suo unico paia di scarpe: nelle condizioni economiche in cui versa la sua famiglia, riacquistarle sarebbe pura utopia.

Ma il ragazzino ci sa fare, tanto che l’Herta Vienna, squadra che gioca proprio nel quartiere Favoriten, si accorge di lui chiamandolo nelle sue giovanili: ci metterà poco per approdare in prima squadra e consacrarsi come uno dei calciatori più promettenti del paese.

Nell’Herta giocherà per tre stagioni, fino a quando, nel 1924, il club non è costretto a venderlo a causa di una forte crisi finanziaria.

Austria Vienna e consacrazione

È qui che inizia la sua storia d’amore con l’Amateur Vienna, che diventerà qualche tempo dopo Austria Vienna.

Quattordici stagioni, due Coppe Mitropa vinte e quasi 250 gol all’attivo. La maggior parte realizzati con la celebre fascetta al ginocchio, indossata per quasi tutta la carriera per via di un infortunio rimediato al menisco. Erani altri tempi e, sì, un infortunio al menisco poteva compromettere una carriera.

A conoscerlo da vicino e a subire la sua furia in campo, saranno anche due grandi club italiani, Juventus e Ambrosiana Inter, durante la Coppa Mitropa del 1933.

Il campione austriaco prima contribuisce ad eliminare in semifinale i piemontesi con una doppietta nella gara di andata (3-0, ritorno 1-1). Poi, in finale, spazza via la squadra milanese con una formidabile tripletta nel match di ritorno (3-1 il finale, l’andata terminò 2-1 pergli italiani), portando ai Die Veilchen (violetti) viennesi la prima coppa dell’Europa Centrale.

Quella è l’epoca del nostro Giuseppe Meazza, del centravanti ungherese György Sárosi, ma soprattutto la sua, quella di Matthias “carta velina” Sindelar: il più elegante, il più tecnico, il più carismatico… Il più forte. Fino al tragico epilogo del 1938…

Il terzo Reich al potere

Nel 1933, in Germania, sale al potere il partito Nazionalsocialista di Adolf Hitler.

Dopo le prime leggi razziali del 1935, Hitler, grazie anche al lavoro comunicativo del suo ministro della Propaganda, Joseph Goebbels, inizia a intravedere nello sport, e soprattutto nel calcio, il mezzo per veicolare il suo messaggio di superiorità. Accoglie con entusiasmo il progetto per poter ospitare le Olimpiadi a Berlino nel 1936, lo stesso fa quando gli prospettano la possibilità di poter vincere la Coppa del Mondo 1938. Come? Grazie alla creazione di una super squadra, che sarebbe poi uscita fuori dall’unione di due nazionali: la sua Germania e l’Austria di Sindelar.

L’Anschluss

Nella partita di “annessione” (la Germania nazista aveva annesso l’Austria il 12 marzo 1938, la cosiddetta Anschluss), organizzata dai tedeschi il 3 aprile 1938, l’Austria e i calciatori austriaci dovevano perdere e mostrarsi felici di giocare la loro ultima partita come nazionale unica.

Ma Sindelar, a differenza dei suoi compagni, non si piega. Non lo farà mai.

Diventato giocatore e allo stesso tempo commissario tecnico dopo la morte del leggendario Hugo Meisl (l’allenatore ideatore del Wunderteam), infatti, l’attaccante austriaco mal digerisce il conseguente Anschluss calcistico imposto dal regime.

Quel giorno, quindi, decide di giocare per vincere, segnare e, soprattutto, non piegarsi al saluto nazista. Partita che si gioca al Prater di Vienna, davanti a uno stadio gremito di austriaci filo-nazisti, entusiasti dell’annessione e “vestiti” di bandiere con la svastica.

In tribuna siedono anche diversi gerarchi nazisti, che non credono ai loro occhi quando vedono Sindelar segnare il gol vittoria e passare senza porgere il saluto nazista. La scelta di non sottostare alle loro richieste li infastidisce tremendamente, tanto da decidere di farlo pedinare quotidianamente.

Ma inizialmente pare sopportino l’affronto, nella speranza che quantomeno li aiutasse, qualche mese più tardi, a vincere la Coppa del Mondo del 1938.

Ma Sindelar non accetterà mai di giocare per la Germania, firmando, come raccontano in molti, la sua condanna a morte.

La morte

La Gestapo – la Polizia segreta della Germania nazista – dopo il ritrovamento il 23 gennaio 1939 dei corpi senza vita di Sindelar e della sua compagna Camilla Castagnola nella loro stanza da letto, parlerà di “morte dovuta a esalazioni causate da una stufa”.
Un incidente, senza escludere la possibilità del suicidio: questo il verdetto di uno sbrigativo rapporto.

 

La tomba di Matthias Sindelar a Vienna
La tomba di Matthias Sindelar a Vienna


Ovviamente, non fu ritrovato nessun fascicolo negli archivi tedeschi che parlasse del caso in maniera esaustiva. Scomparso nel nulla, o addirittura mai esistito.

Tutto, molto probabilmente, potrebbe essere stato preparato alla perfezione, in modo da farla sembrare una semplice fatalità. D’altronde Sindelar stava diventando un simbolo di resistenza che, qualcuno, forse, non poteva più sopportare.

Anche se le prove certe di come sia morto non le avremo mai – e quindi non si è mai potuto accertare se la sua morte sia dovuta ai nazisti – si può affermare con certezza che Matthias Sindelar sia uno di quei calciatori di quell’Austria a non aver sostenuto il nazismo in quel periodo, visto che non risulta registrato a nessuna tessera di partito a differenza. Altrettanto si può constatare che abbia segnato contro la Germania in quella famosa partita grazie ai tabellini di diversi quotidiani sportivi dell’epoca e che rifiutò in seguito tutte le convocazioni del ct tedesco Herberger.

Pertanto, l’idea di molti che la morte di Matthias Sindelar fosse stata architettata da qualcuno vicino al Nazismo non può non essere presa seriamente in considerazione.

Quel che è assolutamente certo e che nessuno potrà mai mettere in discussione, invece, è che “Cartavelina” sia stato un vero fuoriclasse per quei tempi. E in molti faremo in modo di ricordare la sua storia, per sempre.

Luigi Potacqui
Ho creato Romanzo Calcistico. Ho scritto per Sonzogno "La magia del numero 10", perché il 10 è davvero un numero magico. Poi, non contento, ho scritto “Settimo Cielo”, il romanzo dei numeri 7. Perché nel vedere giocare Garrincha, Meroni o George Best, per arrivare fino ai giorni nostri con CR7, non puoi che sentirti in paradiso.
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