È stato il capitano della nazionale colombiana per tre coppe del Mondo consecutive: Italia 1990,Usa 1994 e Francia 1998. E che Capitano! Prima del suo avvento, i cafeteros non si qualificavano a un campionato mondiale dal 1962; dopo il suo addio, ci vorranno ben sedici anni prima che la Colombia prenda parte a un’altra edizione.
Per molti non è affatto un caso, perché Carlos “El Pibe” Valderrama, primatista di presenze con 111 partite disputate e due volte Pallone d’oro sudamericano, ha segnato un’epoca nel suo paese.
Personaggio
Già solo con la sua presenza e il suo portamento – aiutato da quella particolare capigliatura dai folti ricci biondi – trasmetteva sicurezza e spavalderia ai compagni, le stesse che lui ha sempre mostrato nel rettangolo di gioco.
Era capace di andarsi a prendere il pallone nella propria metà campo anche solo per muoverlo un paio di metri o ridarlo a chi gliel’aveva appena passato: l’importante per lui era sfiorarlo, sentirlo. Voleva sempre avere il controllo del gioco. Tocchi brevi, passo felpato e portamento di un re.
“Ero lento? Il mio calcio era pura tecnica, ora invece corrono tutti come matti. Io mi chiedo spesso: ‘Ma dove vanno?’”
Sì, era lento rispetto ai cyborg che si vedono oggi, ma poco importava se poi era capace di mandarti in porta quando voleva. E che fosse con il destro o con il sinistro non faceva alcuna differenza: la palla arrivava quasi sempre a destinazione. Una carriera divisa soprattutto tra la sua Colombia e la MLS americana, intervallata dalle uniche due esperienze europee con Montpellier in Francia e Real Valladolid in Spagna, tra il 1988 e il 1992.”Troppo tatticismo, non fa per lui” hanno pensato in molti nel tempo. Già, perché lui oltre a non essere proprio velocissimo, voleva soprattutto essere libero di creare, da classico artista sudamericano, e non ingabbiato in meccaniche tattiche garantiste.
Dicevano di lui
Diego Armando Maradona, nella sua autobiografia Io sono El Diego, affermò: “Ha fatto vedere ai colombiani come si gioca a calcio. Aveva certe caratteristiche di Bochini. Potrebbe giocare fino a cinquant’anni, perché uno come lui non ha bisogno di correre per giocare”.
Nel 2004, Pelé lo ha inserito nei 100 più forti di tutti i tempi, unico rappresentante del paese.
James Rodríguez, nell’ultimo decennio numero 10 della nazionale colombiana e uno dei più amati in patria, non ha avuto problemi a dire che “per me Valderrama è un idolo, così come per tanti in Colombia”.
L’argentino César Luis Menotti, che lo ha incrociato diverse volte, ha dichiarato: “Un mago dell’intelligenza, che conosce la posizione dei suoi compagni quasi senza guardarli.”
Lo sapeva bene il suo compagno di nazionale a Italia ’90 Freddy Rincón, che nel terzo match del girone contro la Germania sfruttò proprio una superba giocata del Pibe de Santa Marta per segnare il gol del pareggio, che valse la storica qualificazione agli ottavi di finale.
Il numero 10 della Colombia, in maglia rossa quel giorno, inventò dal nulla il passaggio. Prima, controllando dolcemente di suola il pallone come un giocatore di Futsal; poi, aggirando l’avversario con una finta di gambe; infine, servendo il delizioso assist senza guardare, dopo uno scambio rápido con il compagno.
I Cafeteros vennero eliminati al turno successivo dal Camerun di Roger Milla, per colpa di una scellerata e disastrosa uscita palla al piede del portiere René Higuita. Ma quella è un’altra storia…
Estratto da:
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