Non dimenticate Giuliano Giuliani

Riviviamo vita e carriera dello storico estremo difensore azzurro

17 maggio 1989, Neckarstadion. Al triplice fischio del direttore di gara Victoriano Sánchez Arminio, il cielo stellato che abbraccia la notte di Stoccarda si dipinge di azzurro. Lo stesso delle maglie indossate da quei tifosi accorsi in Germania, di chi ha percorso in lacrime Via Toledo per piangere di gioia con la propria gente in Piazza del Plebiscito. Di chi, quella conquista, l’ha ottenuta sul campo con gli scarpini ai piedi.

24 giocatori, uomini, capaci di segnare indelebilmente la storia di una fede chiamata Napoli, conquistando il primo (e ad oggi unico) trofeo europeo di questo club.

Maradona, Careca, Ciro Ferrara sono solo alcuni dei beniamini del pubblico che hanno sollevato la tanto sognata Coppa UEFA, per poi vincere l’annata seguente il secondo storico scudetto.

All’appello di questi pochi prediletti – per citarne alcuni che hanno fatto innamorare generazioni di tifosi – risponde presente anche il protagonista di questo racconto: Giuliano Giuliani.

Infanzia

Ragazzo timido, schivo, fortemente segnato da un’infanzia tutt’altro che semplice. A casa il denaro scarseggia, tanto che mamma e papà scelgono di fare le valigie per volare in Germania (sì, probabilmente la terra teutonica l’aveva già scritta nel destino). Tre anni all’estero, poi, il trasferimento ad Arezzo a casa degli zii che si prendono cura di lui mentre i genitori sono lontani. Una mancanza, che tragicamente diventerà definitiva quando entrambi perderanno la vita una volta che Giuliano è poco più di un ragazzo.

A fargli alzare la testa, ci pensa il calcio.

Inizia a muoversi da attaccante, sognando le reti dei grandi centravanti dell’epoca: da Gigi Riva, passando per Roberto Boninsegna e Pietro Anastasi.

Appena provato tra i pali, però, non si smuove più dalla linea di porta.

Gli inizi

I primi passi li compie in una squadra aretina chiamata Gabos, con la quale esordisce nella terza categoria toscana, per poi essere acquistato dall’Arezzo: è da quel momento che inizia la sua scalata.

Calca prima i campi di Serie C1, poi, direttamente la Serie A con il Como (il primo anno da riserva, il secondo da protagonista seppur con annessa retrocessione). Dopo tre stagioni con i biancoblu comaschi nella serie cadetta, e uno nuovamente nella massima serie a seguito della promozione, è il Verona Campione d’Italia a credere fortemente in lui, dandogli la possibilità di mettersi in mostra.

A Giuliani è affidato l’ingrato compito di sostituire un portiere esperto e affidabile come Garella. Alla corte degli Scaligeri, però, non disattende le aspettative.

Certo, i risultati del club non sono quelli straordinari della stagione precedente, ma l’estremo difensore romano si dimostra un portiere di livello in un campionato che vede protagonisti fuoriclasse del calibro di Platini, Zico e, ovviamente, Diego Armando Maradona.

Proprio l’argentino, avrebbe segnato non poco la sua carriera.

O forse, dovremmo dire la sua vita.

Napoli

Nel 1988, infatti, è il Pibe de Oro a consigliarlo alla dirigenza azzurra per sostituire (ironia della sorte) il partente Garella.

Sì, perché Giuliano oltre alla sua solidità tra i pali, mostra nella sua esperienza in gialloblù una certa propensione per parare i rigori.

O meglio, per parare quelli calciati da Diego.

Negli anni ipnotizza due volte el diez dagli undici metri: un record, che lo rende tutt’oggi l’unico portiere italiano a esserci riuscito.

Insomma, un biglietto da visita che, abbinato a 5 stagioni ad alti livelli nella massima serie, convince la società campana a puntare su di lui.

Ascesa

Il suo arrivo a Napoli è l’inizio di una bella storia d’amore. Due stagioni ricche di successi, ma soprattutto un affetto incondizionato da parte di un intero popolo.

Nonostante non manchi qualche sbavatura tra i pali (una su tutte proprio in finale di Coppa Uefa contro lo Stoccarda) Giuliani mostra nuovamente tutto il suo talento.

Vince la Coppa Uefa nell’annata 1988-1989 e, la stagione successiva, il secondo scudetto azzurro.

Da quel momento, però, sarebbe iniziato un lento declino.

Della sua carriera, della sua vita.

Udinese

Nonostante gli iconici successi raggiunti con Giuliano tra i pali, il Napoli decide di privarsi dell’estremo difensore romano per acquistare Giovanni Galli.

Giuliani, finisce sorprendentemente in Serie B nelle fila dell’Udinese (sostituendo l’intramontabile Garella per la terza volta in carriera).

È un anno indubbiamente difficile. Il passaggio dalla squadra Campione d’Italia ad una di B che deve guadagnarsi la promozione, infatti, sarebbe in grado di demotivare qualunque giocatore.

Tutti, a eccezione di Giuliani.

Con l’umiltà che l’ha sempre contraddistinto, infatti, si mette in discussione e trascina con grandi interventi i bianconeri alla promozione in Serie A.

Quello, sarebbe stato il suo ultimo traguardo.

Memoria

Defilatosi dal mondo del calcio dopo il ritiro, Giuliano finisce nel dimenticatoio.

No, non perché non abbia saputo lasciare il segno nei cuori di compagni e tifosi, ma per una malattia che ne avrebbe per sempre cambiato l’immagine: l’Hiv.
Nell’ambiente girava la forte voce che Giulio si fosse ammalato alla festa del matrimonio di Maradona, in Argentina, nel novembre del 1989: sua moglie non era con lui e lui pare la tradì. Ma non è la cosa che conta di più in questi casi. Quello che conta è l’assordante e imbarazzante silenzio saputo della malattia.

L’Hiv se lo porta via nel 1996, ad appena 38 anni, tre anni dopo aver appeso i guanti al chiodo proprio per la scoperta della sieropositività. Al funerale non si presentò nessuno dei suoi ex compagni, come ricorderà la ex moglie Raffaella.

È quella malattia, tra indifferenza, bigottismo e pregiudizio del tempo, a rendere un uomo solo Giuliani e a rendere poi sbiadito il suo ricordo negli anni.

Un fantasma, in un mondo senza memoria.

 

 

 

 

Pietro Caneva
Mi sono occupato dell'intera stesura di "Domenica alle 15. Il calcio al tempo dei social" di Luca Diddi (ex Match Analyst dell'Hellas Verona e CEO di Calciatoriignoranti)

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