Indossare la fascia da capitano di un top club come la Juventus non è affatto una passeggiata. Tutti coloro che negli anni hanno avuto questo privilegio, sia pure per poche partite, avevano una sola cosa in comune: incarnavano al meglio lo ‘stile Juve’. Un concetto di cui non è facile dare una definizione precisa. Sicuramente è un qualcosa che va oltre le prestazioni in campo, con particolare attenzione all’immagine che si dà di sé e della squadra all’esterno. Dai tifosi propri a quelli delle squadre rivali, dai giocatori più giovani a quelli più esperti, fino ai semplici appassionati: il mondo intero deve captare cosa vuol dire fare parte della grande famiglia bianconera.
A tal proposito, ci viene in mente una frase del grande Dino Zoff: “Lo stile Juve si avvicina a un decalogo non scritto dei doveri dello sportivo professionista. Non è un di più che ha la Juventus, è qualcosa che manca agli altri”. Michel Platini invece si è espresso così: “Juventus vuol dire cultura e stile che distinguono i dirigenti, gli allenatori ed i giocatori juventini. Vuol dire passione e amore: la passione che unisce milioni di tifosi in tutta Italia, in tutto il mondo; l’amore per la maglia bianconera che esplode nei momenti di trionfo e non diminuisce in periodi meno felici”.
L’addio di Chiellini e i dubbi su Bonucci
Al termine della stagione scorsa, si è conclusa la storia d’amore tra la Juventus e Giorgio Chiellini: 17 lunghissimi anni fatti di battaglie, gioie, delusioni e tanti tanti trofei. Eppure per diventare capitano ha dovuto aspettare fino al 2018, rispettando le precise gerarchie e limitandosi ad indossare la fascia solo in alcune occasioni (quando Del Piero e Buffon non erano in campo). Da settembre, l’eredità è stata raccolta da Leonardo Bonucci, un giocatore verso cui i tifosi hanno sempre provato quella sensazione di odi et amo. Sarà per il suo atteggiamento, sarà soprattutto per quel trasferimento al Milan nell’estate 2017 mai digerito dai più appassionati, avvenuto dopo alcune frizioni con Allegri e altri compagni. Quest’anno, inoltre, il centrale è sceso in campo appena in 18 occasioni e spesso subentrando dalla panchina: i problemi fisici sono sempre più frequenti, complice l’avanzare dell’età.
La soluzione ha un nome: Danilo Luiz da Silva
Si è avvertita dunque l’esigenza di individuare un nuovo punto di riferimento: qualcuno decisamente più presente in campo, capace di spronare i propri compagni nei momenti di difficoltà. La soluzione, condivisa da tutti, si è palesata in un unico uomo: Danilo Luiz da Silva, noto semplicemente come Danilo. Quando Bonucci non c’è, è lui il capitano. Allegri lo ha preferito a gente come Szczesny, Cuadrado e Alex Sandro, nonostante questi facciano parte della rosa bianconera da molte più stagioni. L’attuale numero 6 ha sempre dimostrato una professionalità impeccabile, facendosi trovare pronto in ogni momento quando ancora non era titolare. Mai mezza parola fuori posto, solo tanta abnegazione negli allenamenti e dei modi di fare lodevoli sia dentro che fuori dal campo.
La prova che quanto appena detto non sia frutto della fantasia, è arrivata qualche sera fa, prima del derby contro il Torino. Il brasiliano ha chiamato a raccolta la squadra, pronta schierarsi intorno a lui in cerchio: tutti ad ascoltare attentamente un discorso motivazionale degno del suo ruolo da leader. Senza dimenticare che è stato l’unico a metterci la faccia qualche mese fa, dopo la vergognosa sconfitta in Champions League in casa del Maccabi Haifa. Si è presentato davanti alle telecamere visibilmente dispiaciuto, pronto a fare della sana autocritica. Il succo delle sue dichiarazioni è stato questo: non basta pensare alla Juventus solo quando si è alla Continassa, ma bisogna farlo sempre, anche a casa, e che per questo club bisogna essere sempre disposti a dare il massimo, ragionando da squadra anziché da singoli. Parole franche e dure, pronunciate da uno che difficilmente prende un’insufficienza nelle pagelle.
Bianconero nel destino
Doveroso ripercorrere la sua rispettabile carriera, cominciata in patria e proseguita verso i più grandi palcoscenici europei. Cresciuto nell’America Mineiro di Belo Horizonte, nel 2009 Danilo vince con la prima squadra il Campeonato Brasileiro Série C. Successivamente si trasferisce al glorioso Santos, i cui colori sociali sono il bianco e il nero: praticamente un segno del destino. Con la maglia del club che fu di Pelé, dimostra di essere un difensore con il vizio del gol, peculiarità che lo accompagnerà negli anni a seguire. In una stagione e mezza segna ben 10 reti, una delle quali decisiva per la conquista della Coppa Libertadores (vittoria in finale per 2-1 contro il Penarol).
La consacrazione in Portogallo
Nell’estate 2011 viene acquistato dal Porto per 13 milioni di euro, pur restando nel club brasiliano per altri sei mesi. Con i Dragoes firma un contratto nel quale viene inserita una clausola rescissoria da 50 milioni di euro. Qui vi trascorre 3 stagioni, facendo il suo esordio in Champions League e consacrandosi a suon di prestazioni, tanto da rientrare in pianta stabile nel giro della Seleçao. Arricchisce il suo palmarés vincendo due campionati e due Supercoppe. Dopo 140 presenze, condite da 12 reti e 16 assist, finisce la sua avventura in terra lusitana.
E se il Real punta su di lui…
Arriva in seguito la chiamata del Real Madrid che sborsa per lui 31,5 milioni di euro. E se il club più vincente di tutti i tempi punta su di lui, significa che possiede ottime doti. Seppur relegato al ruolo di riserva, riesce a ritagliarsi il suo spazio collezionando 56 presenze, 3 gol e 9 passaggi vincenti. Nelle due annate con la maglia dei Blancos vince 5 trofei: 2 Champions League, 1 Liga Spagnola, 1 Supercoppa UEFA e 1 Mondiale per club.
Due stagioni al City e poi il trasferimento contestato
La tappa successiva della sua carriera è la Premier League, più precisamente il Manchester City. I Citizens versano nelle casse del Real ben 40 milioni di euro. Anche qui, il classe ’91 non viene impiegato come titolare fisso. In due stagioni scende in campo 60 volte, trovando la gioia personale in 4 occasioni e sfornando 4 assist. Colleziona altri 6 trofei: 2 Premier League, 2 Coppe di Lega inglese, 1 FA Cup e 1 Community Shield.
Nell’estate 2019 passa alla Juventus, venendo coinvolto in un’operazione di mercato aspramente criticata dai tifosi. La Vecchia Signora cede Joao Cancelo in cambio di 28 milioni di euro più appunto il cartellino del brasiliano (valutato 37 milioni). Vantaggioso dal punto di vista economico, meno se si guarda la carta d’identità e i margini di miglioramento. Eppure Danilo ci mette poco meno di 30 secondi a far ricredere tutti. Entra al 15’ e segna con il primo pallone toccato all’esordio casalingo contro il Napoli, diventando il giocatore straniero più veloce di sempre a segnare il primo gol in Serie A. Il secondo in assoluto nella storia.
Prima annata non esaltante
Detto del gol all’esordio, ci sono tuttavia pochi altri momenti positivi nella sua prima stagione in bianconero. Anzi, in realtà il brasiliano vive un’annata decisamente in ombra. Prestazioni negative, poca incisività e troppe disattenzioni. Nel frattempo, a Manchester, Cancelo comincia ad incantare. Un trequartista prestato al ruolo di terzino. Imposta, serve e illumina. Il portoghese esplode definitivamente. E dalle parti di Torino qualcuno inizia a rimpiangere il suo addio.
La stagione di Danilo raggiunge il punto più basso nella finale di Coppa Italia contro il Napoli, quando sbaglia il rigore, sparando in curva il pallone. Come magra consolazione un altro record: Danilo diventa l’unico calciatore ad aver vinto una Serie A, una Premier League, una Liga e una Champions League, oltre alla Copa Libertadores col Santos. Troppo poco, però, per sorridere.
La nuova dimensione
Poi all’improvviso la svolta: con l’arrivo di Pirlo sulla panchina bianconera, Danilo riesce a stupire tutti. Dimostra di saper stare bene in ogni zona del campo: centrale, terzino, mediano, braccetto nella difesa a tre, esterno di centrocampo. Un giocatore così duttile farebbe comodo a tutte le squadre del mondo. Inizia ad alzare il livello delle sue prestazioni trovando una certa continuità di rendimento. Fino a diventare, come detto, un uomo chiave all’interno dello spogliatoio. Nella stagione in corso ha già siglato 3 reti, tutte decisive per portare a casa punti preziosi. Tra l’altro è lo stakanovista di Allegri, ovvero il più utilizzato dal tecnico livornese: 26 presenze dall’inizio, per un totale di 2330 minuti giocati (l’unico ad aver già superato quota duemila). Dimostra un attaccamento alla maglia davvero molto forte e una serietà d’altri tempi, dispensa consigli per i giovani, è diventato praticamente un faro. Non a caso, il club bianconero nella giornata di ieri gli ha rinnovato il contratto fino al 2025, riservandogli parole al miele nel comunicato ufficiale.
Tifosi, compagni, staff tecnico e dirigenti ormai non hanno dubbi: Danilo attualmente è l’uomo che meglio incarna lo ‘stile Juve’.