Simone Inzaghi e il salto di qualità mancante

L'allenatore ex Lazio non è certo l'unico responsabile ma è giusto chiedersi il reale valore dopo due stagioni all'Inter

simone Inzaghi inter

Se uno dei maggiori problemi, o punti interrogativi che dir si voglia, dell’Inter 2022-2023 è senza ombra di dubbio Romelu Lukaku, i problemi dei nerazzurri di Simone Inzaghi vanno oltre il 90 ex Chelsea e coinvolgono senza se e senza ma anche il tecnico.

I NUMERI DELL’INTER ’22-’23

Partendo dai numeri, che non mentono mai, con il ko interno di sabato scorso le sconfitte stagionali in campionato sono salite a dieci. Un record negativo che mancava alla 28ma giornata dalla stagione dei tre allenatori 2016-2017, quando alla guida tecnica si alternarono De Boer, Pioli e Vecchi.

A preoccupare è la bassa capacità realizzativa (10%), l’attacco segna poco e ha bisogno sempre di creare tante – troppe – occasioni per arrivare a concretizzare. Una sensazione evidente all’occhio al di là dei dati numerici.

La Gazzetta Dello Sport ha scritto di una difesa anni ’40 per i nerazzurri, più che buona tra le mura di casa e pessima in trasferta. Anche se lo 0-1 inflitto dalla Fiorentina cinque giorni fa induce a pensare che la crisi di gioco, rendimento e tenuta mentale del club meneghino è generale e sganciata dall’impianto in cui si gioca. Certamente, lontano da Milano la situazione è brutta.

Guardando la classifica, tenendo conto dei punti arrivati sul campo (e quindi con la Juventus senza il -15, in attesa del responso giuridico), i nerazzurri sono attualmente al sesto posto. Eppure, gli ingaggi netti si aggirano intorno ai 70 milioni di euro, dunque circa 140 milioni lordi.

INZAGHI ACCERCHIATO?

In questa fase della stagione, guardando al campionato, molte dita sono puntate su Inzaghi. Al netto di un percorso Champions più che mai vivo, con i quarti di finale da disputare contro il Benfica, e una semifinale di Coppa Italia contro la Juve che all’andata ha scritto 1-1 sul tabellone (oltre a far parlare molto per le polemiche e le risse del finale).

Al tecnico ex Lazio viene imputato, adesso ma già in altre fasi della sua esperienza nerazzurra, di non riuscire mai a trovare le chiavi tattiche per uscire dalle difficoltà. I limiti del suo credo calcistico si erano intuiti già negli anni alla Lazio, dove però a spiegare la mancanza di alternative per cambiare le cose in corsa durante le partite c’era anche – se non soprattutto – la ristrettezza della rosa. A Milano, invece, questo fattore è assente. Eppure, tra la gestione dei cambi sempre troppo mediocre e il rendimento a fasi alterne di troppi interpreti, il risultato è lo stesso.

TROPPI REFRAIN

Anche a livello comunicativo, Inzaghi in questi due anni all’Inter ha sempre mostrato fragilità pronte a fare capolino insieme alle critiche mediatiche e pubbliche. Difficoltà eccessive per un tecnico pagato dieci milioni in un anno. Famoso è il suo refrain post-partita  per cui “ai ragazzi posso solo fare i complimenti”, ripetuto tante e troppe volte. Non che davanti ai microfoni si trovino analisi ben più lucide, specie dopo i ko e soprattutto nel caso dei tecnici delle cosiddette big (i quali si rifugiano in strategie per parlare forse troppo poco delle proprie responsabilità davanti a una sconfitta). O domande dagli intervistatori tanto pungenti da indurre a un ragionamento completo.

Ma a prescindere da questo, chi se non l’allenatore può e deve spiegare perché l’anno scorso questa squadra ha fallito tutti i match scudetto, finendo per regalarlo al Milan? E perché nella stagione in corso si sta di nuovo confermando la predisposizione per le gare secche a discapito però della continuità di risultati?

IL RENDIMENTO MANCANTE E IL CROCEVIA FINALE DELL’INTER

Le domande sarebbero tante e coprirebbero tutte le giornate mancanti da qui a fine campionato. In attesa di risposte e di soluzioni-svolta.

Poi, ovviamente, ci sono i giocatori e le loro responsabilità. Tanti interpreti hanno convinto nella prima parte di stagione, come Dzeko. E quando tutto o quasi va male tornano a galla – ma in realtà dovrebbero restare sempre chiare – le pecche societarie della scorsa estate quando sfuggirono le occasionassime Dybala e Bremer. Il tutto in un contesto aziendale ancora incerto ma che lo stesso presidente Zang continua a descrivere come sereno e tutt’altro che in bilico. Differentemente, invece, dalla posizione di Simone Inzaghi.

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