Wesley Sneijder, il folletto di Utrecht

L’olandese è stato senza dubbio uno dei migliori trequartisti della storia del calcio

Nel calcio l’altezza non conta e non è un caso se i più grandi talenti di sempre non superino il metro e settanta. A tutti gli appassionati verrebbe naturale pensare a leggende come Maradona e Messi, eppure in Italia c’è una tifoseria che molto probabilmente si distingue dalla massa. Strano ma vero: come fanno gli interisti a non ricordarsi di Wesley Sneijder e del suo ruolo fondamentale nella conquista del Triplete?

Prodotto del fiorente settore giovanile dell’Ajax, lo si ricorda non solo per la sua grande capacità di fornire assist. Eccellente esecutore di calci piazzati, siano essi punizioni o tiri dalla bandierina (non a caso era soprannominato “Sniper” ovvero “cecchino”). Trequartista ideale, abile con entrambi i piedi, dotato di un’ottima visione di gioco abbinata alla sua rapidità di pensiero. Marco Van Basten lo ha definito “il miglior centrocampista che l’Olanda abbia mai prodotto”: insomma un’investitura non di poco conto.

Storia di un predestinato: l’Ajax e il Real Madrid

Dopo aver fatto tutte le trafile del club di Amsterdam, esordisce in prima squadra a 18 anni, quando mister Ronald Koeman lo convoca per far fronte alle numerose assenze a causa di infortuni e squalifiche. Fa presto ad affermarsi da titolare ed entrare nel cuore dei tifosi a suon di prestazioni. Durante la stagione 2006-07 arriva il suo exploit: i 22 gol in 47 presenze gli valgono la chiamata del Real Madrid che lo acquista per 27 milioni di euro. Dopo una prima annata discreta, in quella successiva finisce per ricoprire un ruolo marginale, complice la spietata concorrenza e il mercato stellare messo in atto da Florentino Perez. Pertanto ha le stimmate del predestinato perché a 25 anni ha già vestito due maglie pesanti: quella dei Lancieri e quella dei Blancos. Due dei club più vincenti in campo europeo.

Moratti lo porta all’Inter su consiglio di… un barista

Nell’estate 2009, dopo aver affermato il proprio dominio in Italia (con la conquista di 4 scudetti consecutivi), in casa Inter l’obiettivo è fare altrettanto in Europa. Il gruppo è molto solido e può contare su diversi giocatori esperti. La guida è José Mourinho, uno in grado di vincere la Champions League da allenatore del Porto. Alla sua corte arrivano Lucio, Pandev, Thiago Motta, Milito ed Eto’o, tutti fortemente voluti dal portoghese e posti da subito al centro del suo progetto.

Eppure manca qualcosa, anzi qualcuno, in grado di incastrarsi alla perfezione nell’undici titolare. Così, in una calda giornata di agosto, il presidente Massimo Moratti si reca in un bar a Forte dei Marmi ed è lì che vengono poste le basi per il Triplete. Il numero uno nerazzurro, anni dopo, rivela un importante aneddoto che riportiamo qui: “A Forte dei Marmi, mi ferma un barista dicendomi: “Presidente, ci manca un unico giocatore. Quello che darà le accelerate decisive in mezzo al campo. Sneijder.”. Parla con tale forza persuasiva che io, per non commettere errori, chiamo Branca chiedendogli di sentire Mourinho. Branca poi richiama e mi dice che Mou aveva esclamato: “Magari”. Partiamo immediatamente con la trattativa, che si sblocca anche perché al Real, Sneijder non trova spazio. Quel barman non l’ho più rivisto. Lo volevo ringraziare…”. E con lui ovviamente tutti gli interisti perché Wes è stato il folletto delle vittorie e dei fasti di quella stagione indimenticabile.

In 4 stagioni all’ombra della Madonnina, con il numero 10 sulle spalle, fa registrare questi numeri: 116 presenze, 22 reti, 35 assist e 6 trofei (1 Serie A, 2 Coppe Italia, 1 Supercoppa Italiana, 1 Champions League e 1 Mondiale per club).

Quel Pallone d’Oro ingiustamente sfumato

Com’è possibile che non abbia vinto il Pallone d’Oro nel 2010? A distanza di 13 anni, in molti se lo chiedono ancora. Ad aggiudicarsi il prestigioso premio individuale fu Lionel Messi, capace di bissare la vittoria dell’anno precedente. Tuttavia non vedere l’olandese nemmeno sul podio, a discapito di Iniesta e Xavi, è sembrato esagerato agli occhi di tifosi ed esperti. Oltre ai trionfi in nerazzurro, riuscì a trascinare la sua Nazionale in finale dei Mondiali, persa ai supplementari contro una super Spagna. Un mancato traguardo assolutamente ingiusto alla luce degli importanti successi a cui contribuì in maniera ineccepibile.

Fine carriera tra Turchia, Francia e Qatar

Durante la stagione 2012-13 il suo rapporto con il club nerazzurro si deteriora per una serie di vicende che lo vedono protagonista in negativo. Dapprima una serie di infortuni condizionano il suo rendimento, successivamente alcuni suoi post su Twitter vengono ritenuti inappropriati dai dirigenti, rifiuta di rinnovare il contratto riducendosi l’ingaggio e finisce dunque ai margini della rosa. Così nella finestra di mercato invernale si trasferisce al Galatasaray per 7,5 milioni di euro più bonus. In Turchia si rivede il ‘vecchio Wesley’, capace di dare un fondamentale contributo per la conquista di 8 trofei in 4 stagioni e mezzo. Memorabile il suo gol che estromette la Juventus di Antonio Conte dalla Champions League, all’ultima giornata della fase a gironi, durante l’edizione 2013-14. Dopo ben 46 reti e 45 assist in 175 presenze, si trasferisce in Francia, al Nizza. Qui però non riesce ad affermarsi, complice una condizione fisica ottimale, disputando appena 8 gare in 6 mesi. Conclude la sua rispettabile carriera in Qatar, con la maglia dell’Al-Gharafa, in un campionato tutt’altro che competitivo. Annuncia l’addio al calcio giocato il 12 agosto 2019, a 35 anni.

L’addio al calcio di un numero 10 nerazzurro indimenticabile.

 

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