Tammy un Abraham, ma quello dell’anno scorso

Il 9 giallorosso sta vivendo una stagione, la seconda a Roma, con tante ombre e poche luci. Per il finale di stagione Mourinho ha bisogno di lui

Tammy Abraham sta deludendo. Il suo secondo anno a Roma sta dicendo questo. Certo, però, il 9 giallorosso non può dirsi solo nella crisi degli attaccanti di Serie A.

I NUMERI

Il venticinquenne inglese ( 26 a ottobre, ndr) è arrivato nella Capitale il 17 agosto 2021. Cinque anni di contratto, 40 milioni di euro al Chelsea e attacco riformato dopo l’addio di Edin Dzeko.

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Siamo a metà percorso, dunque, del quinquennio. E se nella stagione 2021-2022 i numeri parlavano chiaro e in positivo, con 17 gol e 4 assist in 37 gare di campionato; 9 segnature in 13 incontri di Conference League e un gol anche in Coppa Italia, dopo l’estate è cambiato troppo in negativo.

Dall’inizio del nuovo anno, il 2023, Abraham ha giocato 13 gare su 23 e dopo la rete segnata in Milan-Roma i suoi gol sono arrivati soltanto contro Spezia, Empoli e Udinese. Ad oggi, il suo rendimento ’22-’23 recita: 7 gol e 4 assist in 31 uscite di Serie A, una marcatura in Europa League in undici gare.

Sono quindi 1914 i minuti totali disputati in campionato sin qui, con 28 occasioni da gol nette e solo il 4% dei contrasti effettuati (7 vinti e 154 persi). L’impegno in termini di sacrificio in campo non manca mai, certo, basta vedere le espressioni – a volte troppo teatrali, forse – e il sudore della maglia per capire che TA dà veramente tutto sul rettangolo di gioco. Ma da mesi a questa parte non sta bastando.

LE PAROLE E LE SPIEGAZIONI, PER LUI E PER LA ROMA

Il buio calcistico per il 9 inglese si è fatto vedere pesantemente nelle settimane di avvicinamento al Mondiale, poi saltato dalla punta perché non convocato dal Ct Gareth Southgate. “So di non essermi espresso ai miei livelli, è stato difficile per me, alla fine sono una persona. Ci sono periodi buoni e periodi brutti. Venivo da un periodo con poca fiducia e pochi gol. Avevo difficoltà a dormire per il modo in cui stavo giocando”, disse a novembre. Promettendo di tornare al massimo al rientro dalla lunga pausa.

Dopo il ritiro in Portogallo sembrava anche rigenerato, Abraham.

In tante interviste, oltre a rinnovare il suo amore per la città e la tifoseria giallorossa, il centravanti ha spesso ringraziato e detto la sua di José Mourinho. “E’ come se fosse il mio zio di Roma. Prima di venire qui abbiamo parlato, mi ha chiesto se preferivo restare nella piovosa Inghilterra oppure godermi il sole di Roma. Mi sto godendo ogni momento”, aveva dichiarato a Star Casino Sport.

E il mese scorso, a Four Four Two: “Forse resterò alla Roma per i prossimi dieci anni, o forse no. Non si sa mai cosa c’è dietro l’angolo”, ha confessato. Mostrando amarezza per il Mondiale saltato ma anche voglia di ripartire, in un club dove Mourinho gli ha dato spesso tante motivazioni e dove lavorare con un altro fuoriclasse come Paulo Dybala può solo essere d’aiuto.

IL MOU-PENSIERO SU TA 

Dopo il deludente pareggio interno contro il Torino, a metà novembre, il tecnico portoghese della Roma disse che “quando tu diventi un giocatore professionista in un universo di milioni e milioni di bambini che volevano esserlo, non ti serve l’appoggio di nessuno. Non ti serve una fonte esterna a te stesso per motivarti”, riferendosi proprio alla mancanza di stimoli che poteva soffrire un suo giocatore (come Abraham, appunto). “La fonte esterna è un plus, che ti dà qualcosa in più, sei un uomo” e: “Dobbiamo tutti dare di più”.

Nelle ultime settimane, nonostante anche Belotti non stia trovando l’appuntamento con il gol in campionato, Mourinho lo preferisce spesso all’inglese dal primo minuto. “È un ragazzo che sembra sempre molto felice, molto positivo all’interno del gruppo. Lo vedo sempre bene dal punto di vista umano, poi segna o non segna”, ha però ribadito di recente JM su Abraham. Insomma, una fiducia che si rinnova e che aspetta solo di tornare ad essere accompagnata dai fatti, cioè dai gol, anche se il finale di stagione è vicino.

IL PANORAMA ITALIANO OLTRE ROMA

Certo, Abraham non può dirsi solo in questo quadro critico da numero nove in crisi con il suo pane quotidiano. Se in casa Roma è accompagnato dal suo vice, appunto, Andrea Belotti, anche nelle altre squadre di Serie A troviamo casi simili.

Da Lukaku a Immobile (che comunque ha gonfiato la rete dieci volte), passando per Vlahovic con Cabral e Milik che in fasi diverse hanno dato segni di crescita e affidabilità offensiva. Quasi per paradosso, migliori cose le stanno facendo vedere centravanti come Sanabria al Torino e Dia alla Salernitana. O ancora: Beto dell’Udinese.

I top cannonieri di quest’anno, escludendo Osimhen e Lautaro, non sono attaccanti centrali o comunque d’area. Perché dopo di loro di sono Leao, Kvaratskhelia, Dybala, Zaccagni, Rabiot e Orsolini. Anche nelle piccole, attaccanti come Pinamonti, Petagna, Colombo.

Un problema di gerarchia di reparto? Un problema di condizione psico-fisica? Come nei migliori casi su cui indagare gli interrogativi rimangono aperti e il beneficio per tutti i numeri nove in Italia meno in forma del passato è che ci sono ancora un po’ di partite da giocare, tutte decisive per i vari obiettivi stagionali.

Certo, se poi traduciamo questa crisi anche in termini nazionali sbattiamo il muso con una realtà ancora più difficile con cui fare i conti. Quella per cui il presente e il futuro centravanti della Nazionale italiana non si vede all’orizzonte.

 

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